Nemmeno nel campo dei vaccini (come in altri settori, compreso quello dei servizi) l’oligopolio produce risparmio. O almeno, questo è quello che l’Agcm si propone di verificare. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha deciso il 5 maggio scorso di avviare un’indagine conoscitiva sui vaccini per uso umano (IC50). Al termine del lavoro, pubblicato a fine maggio (link) in ben 110 pagine estremamente analitiche e dettagliate, l’Autorità ha verificato la sussistenza di condizioni critiche. In pratica saremmo di fronte a una situazione di oligopolio che, secondo l’Autorità, dipende “in gran parte dallo sviluppo di prodotti innovativi che hanno prezzi ben più elevati di quelli tradizionali e sono coperti da esclusive di brevetto particolarmente complesse. Un ostacolo per lo sviluppo di versioni generiche dei vaccini, in misura anche superiore agli altri mercati farmaceutici, con fenomeni di “product differentiation” che rendono più difficile la sostituibilità tra prodotti destinati a prevenire la stessa malattia. Per i vaccini, al contrario di quanto accade per i farmaci biologici c’è un’inesistenza di percorsi agevolati per la produzione di vaccini generici e questo crea un’opacità di fondo delle politiche di prezzi”. Sempre dalle Conclusioni dell’Agcm: “Secondo quanto è stato possibile accertare in chiave comparativa rispetto a ordinamenti vicini e sufficientemente omogenei (per grandezza della popolazione e organizzazione dei sistemi sanitari), quali la Francia, risulta peraltro che, anche a valle della complessa scontistica prevista in Italia, i prezzi dei principali vaccini siano di fatto allineati, se non superiori, a quelli applicati in tali ordinamenti: tale situazione, tra l’altro, pare provare l’esistenza di prezzi di riferimento/riserva stabiliti a livello internazionale da parte delle case madri, evidentemente nell’ambito di quelle politiche di tiered pricing che, pur dovendosi confrontare con le peculiarità e complessità regolamentari dei singoli ordinamenti, riescono comunque a imporsi. In conclusione, l’Autorità raccomanda che perlomeno i vaccini ricompresi nei LEA/PNPV vengano assoggettati a meccanismi di contrattazione dei prezzi di fornitura aventi una base efficiente e trasparente valida per l’intero territorio nazionale, in discontinuità con gli attuali opachi criteri di scontistica applicati sui prezzi al pubblico stabiliti liberamente dalle imprese. Tenuto conto della sostanziale garanzia di vendita al SSN derivante dal riconoscimento della qualifica di essenzialità a un vaccino, quanto auspicato potrebbe avvenire, a titolo d’esempio, con il passaggio dei prodotti vaccinali, una volta ricompresi nei PNPV/LEA, in classi di rimborso che prevedano una contrattazione dei prezzi di riferimento tra le imprese e soggetti istituzionali appositamente qualificati, così come attualmente avviene con AIFA per i farmaci inseriti nelle classi A e H. Nella medesima occasione si potrebbe pure utilmente procedere in via preventiva ad affrontare la rilevante questione, vista in precedenza, dei giudizi di equivalenza/sostituibilità di prodotto tra vaccini destinati al trattamento/prevenzione di una medesima patologia, ma non perfettamente sovrapponibili in termini di copertura sierotipica. Sulla base di prezzi che, in tal maniera, definirebbero un livello minimo condiviso a fronte di una domanda vincolata su base nazionale, le stazioni appaltanti competenti potranno quindi ottenere eventuali ulteriori margini di sconto in maniera correttamente proporzionale ai quantitativi oggetto di acquisizione e ad altre condizioni di fornitura.” Tutto ciò mentre, nel mondo, appena 4 multinazionali detengono oltre l’80% delle vendite complessive sugli oltre 20 miliardi di euro di giro d’affari complessivo.