Sanità, la “sfida” corre sui social

In un mondo sempre più “social” e connesso, la sanità italiana sembra non stare al passo.  E anche se è sempre utile suggerire di affidarsi al medico anziché allo… smartphone o al pc, ormai il ricorso a internet per avere informazioni in materia di salute è una realtà. Almeno secondo un’indagine coordinata da Gfk Eurisko presentata nei giorni scorsi in occasione di un convegno organizzato dall’Irccs Mario Negri in collaborazione con Pubblicità Progresso, intitolato appunto “Comunicare e promuovere la salute ai tempi dei social media”. Il primo dato riguarda gli italiani che cercano su internet informazioni mediche: siamo a quota 11,5 milioni, cioè il 42% delle persone adulte. In questo senso internet si pone al terzo posto dopo medici di base e specialisti. Ma rispetto ad altre situazioni, come quella Usa, i numeri non reggono il confronto: infatti ben 6 americani su 10 vanno su internet per informarsi. Si tratta di una pratica usatissima, anche se non sempre adatta: infatti molto spesso –emerge sempre da recenti indagini- chi va su internet lo fa molto spesso per confermare opinioni già consolidate, e lo fa su fonti “non sicure”. La sfida è quella, dunque, di coniugare social e comunicazione medica di valore scientifico. E dovrebbe essere raccolta da specialisti e da strutture sanitarie che, in luogo di limitare (come troppo spesso si fa in Italia) la comunicazione con il cittadino a questioni di natura burocratica e amministrativa, potrebbero arrivare più rapidamente ai cittadini/utenti anche per ciò che riguarda informazioni e indicazioni sanitarie.  Sempre nel campo della salute pubblica i social media potrebbero essere usati dalle istituzioni sanitarie nazionali e locali in numerosi ambiti anche preventivi, ad esempio per la lotta al fumo, all’abuso di alcool e alle malattie sessualmente trasmesse, per fare informazione su argomenti delicati come le vaccinazioni nei bambini, o, come ha iniziato a fare l’Aifa, per sensibilizzare i cittadini sull’uso corretto degli antibiotici. A patto che l’impiego di tali strumenti passi anche attraverso il potenziamento delle capacità critiche e decisionali del cittadino rispetto al sistema sanitario. Internet, i social media e la minore distanza tra istituzioni/medico e paziente mettono il cittadino in condizione di non essere più oggetto passivo, ma soggetto attivo della cura.

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