Ciò che rende legittimo un licenziamento disciplinare è il venire meno del rapporto di fiducia tra datore di lavoro e lavoratore inadempiente. E così, nel caso di un dipendente di una Asl che, in aspettativa non retribuita e senza autorizzazione da parte dell’amministrazione di pertinenza, svolga comunque prestazioni sanitarie private (seppure in modo recidivo, come emerge dagli atti), occorre valutare l’intensità e le modalità della violazione prima di convalidare il provvedimento espulsivo. E’ quanto affermato dalla sentenza della Cassazione, sezione Lavoro, n. 14103/2016, depositata l’11 luglio scorso, che ha rimandato il giudizio alla Corte d’Appello, che si era rifatta, nel legittimare il provvedimento, solo a quanto disposto dall’art. 13 del Ccnl del comparto Sanità. Secondo i giudici di Cassazione, invece, la stessa disciplina contrattuale richiama il principio della gradualità e proporzionalità delle sanzioni e prevede che le stesse debbano essere inflitte tenendo conto: della intenzionalità del comportamento, della rilevanza degli obblighi violati, delle responsabilità connesse alla posizione di lavoro occupata dal dipendente, del grado di pericolo o di danno causato alla azienda o agli utenti del servizio, della sussistenza di circostanze aggravanti o attenuanti. Inoltre, stando all’art. 1455 del Codice Civile (Importanza dell’inadempimento), “il contratto non si può risolvere se l’inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra”. La gravità dell’inadempimento quindi deve essere valutata nel rispetto della regola generale della “non scarsa importanza” di cui all’articolo 1455 c.c., sicché’ l’irrogazione della massima sanzione disciplinare risulta giustificata solamente in presenza di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali, tale cioè da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro per essersi irrimediabilmente incrinato il rapporto di fiducia, da valutarsi in concreto in considerazione della realtà aziendale e delle mansioni svolte. In questo caso siamo di fronte a prestazioni occasionali svolte in un periodo di aspettativa, peraltro non retribuita. Il che, secondo la Cassazione, dev’essere oggetto di una riflessione più approfondita da parte dei giudici di merito, che dovranno rivalutare il caso anche alla luce dell’interpretazione del Contratto collettivo fornita dalla Corte di Cassazione.
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