Oltre duecento (211, per l’esattezza) aziende grandi, medie, piccole e micro. Ben 7.912 milioni di euro di fatturato e 623 milioni di euro di investimenti in R&S. Senza contare gli addetti, che sfiorano quota 4mila (3.816), e di cui oltre 9 su 10 (il 92%) ha un titolo di studio di alto livello, dalla laurea al dottorato PhD o Mba. Questi sono i numeri del settore del farmaco biotech in Italia, che sta vivendo, senza esagerazioni, un vero e proprio boom. A certificarlo è il “Rapporto sulle biotecnologie del settore farmaceutico in Italia 2016”, realizzato da Farmindustria in collaborazione con Ernst & Young. Le 276 strutture afferenti al settore, tra impianti di produzione, centri di ricerca, sedi legali e amministrative sono distribuite in 18 differenti Regioni. La Lombardia resta il principale polo italiano del settore del Farmaco biotech con 10 centri di ricerca, 17 impianti di produzione e 68 tra sedi legali e amministrative. Subito dopo arrivano Lazio e Toscana, anch’esse importanti sedi rispettivamente della produzione (12 impianti) e della ricerca (8 centri). Venendo alle aree terapeutiche in cui è presente almeno un progetto, sono 12, per un totale di 324 progetti. La maggior parte riguarda l’oncologia (46), segue la neurologia (44), le malattie infettive (35), infiammazione e malattie autoimmuni (24), malattie metaboliche, epatiche ed endocrine (16) muscolo-scheletrico (12), cardiovascolare ed ematologia( 7) respiratorio (6), dermatologia (4) gastrointestinale (3), oculistica (1) e urologia (1). I primi risultati per i pazienti arriveranno probabilmente in ambito oculistico (67% circa dei progetti in Fase III), respiratorio (57%) e cardiovascolare ed ematologia (50%). Nel nostro Paese gli investimenti in R&S dell’industria farmaceutica, ormai 4.0, sono aumentati del 15% dal 2013, le domande di brevetto sono cresciute del 54% nel 2015 e sono 324 i prodotti biotech in sviluppo. La produzione è aumentata negli ultimi cinque anni molto più che in altri settori, posizionando l’Italia al secondo posto in Europa, dopo la Germania. Tutto questo grazie anche alla crescita dell’export della farmaceutica, pari al 57% rispetto al 23% della media dell’industria. Uno dei fiori all’occhiello del settore è proprio il biotech. La ricerca farmaceutica è infatti sempre più dedicata alle biotecnologie, ai vaccini, agli emoderivati, alle terapie avanzate, alle malattie rare e alla medicina di genere. Il 90% degli investimenti in R&S biotech è sostenuto dalle imprese del farmaco, che vantano un’intensità di ricerca 16 volte superiore rispetto agli altri settori ad alta-media tecnologia. Ma c’è di più. Il biotech può essere anche un’interessante opportunità lavorativa per i giovani grazie allo sviluppo di nuove professionalità. L’Italia ha tutte le carte in regola per competere a livello internazionale. È necessaria però una nuova governance che valorizzi l’innovazione farmaceutica misurando le terapie in funzione dei risultati e del costo complessivo della cura, non di quello delle singole prestazioni. I farmaci disponibili oggi sono frutto di anni di ricerca. Il futuro si costruisce dal presente. E le imprese del farmaco vogliono essere responsabilmente parte, insieme alle Istituzioni, della soluzione per l’accesso dei pazienti ai farmaci innovativi e la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale.