Quello fra medicina e comunicazione è un rapporto molto particolare. Tanto necessario quanto controverso, si potrebbe dire. Infatti, se da un lato la comunicazione è un presupposto indispensabile per creare un clima di fiducia tra medico e paziente, dall’altro, quando assume le forme di pubblicità (a volte, diciamolo, smaccata e martellante) pone seri problemi di natura etica. E se è vero, riflette Antonio Pelliccia sulle pagine di 24 Ore Sanità (Dibattiti, 7-13 marzo 2017), che il meccanismo della pubblicità mira a creare una spinta emotiva verso una situazione desiderata che si traduce in un acquisto, è anche vero che ultimamente il messaggio che arriva a ciascuno di noi su temi importanti come quelli relativi alla salute risulta molto spesso distorto.
La salute: da risorsa a obiettivo
Si prenda ad esempio l’idea di benessere di salute in generale: da risorsa per la vita quotidiana, come recita la Carta di Ottawa, si è trasformata in una sorta di “delirio collettivo” in cui il benessere è diventato l’obiettivo obbligato del vivere. In uno scenario del genere, la vera informazione si raggiunge solo se gli individui vogliono investire per sviluppare le conoscenze e diffonderle adeguatamente. Oggi, fra l’altro, la facilità di reperire informazioni tramite la rete ha trasformato il nostro modo di accedere alla conoscenza, anche in campo sanitario. Senonché in rete si possono trovare informazioni anche di segno completamente opposto, ed è a questo punto che si compone “quella miscela di credenze, certezze, dubbi e sentito dire, pareri, visite… e pubblicità”. La reazione è perlopiù emotiva, e qui torna in gioco l’effetto-pubblicità. Da non sottovalutare, visto che è sempre in crescita in Italia il numero dei fruitori della rete.
Sempre più italiani si informano sul web
Secondo il 13° Rapporto Censis, relativo al 2016, infatti, l’accesso a internet ha stabilito un nuovo record: il 73,7% degli italiani sul web. La penetrazione di internet aumenta di 2,8 punti percentuali nell’ultimo anno e l’utenza della rete tocca un nuovo record, attestandosi al 73,7% degli italiani (e al 95,9%, cioè praticamente la totalità, dei giovani under 30). La crescita complessiva dell’utenza del web nel periodo 2007-2016 è stata pari a +28,4%: nel corso degli ultimi dieci anni gli utenti di internet sono passati da meno della metà a quasi tre quarti degli italiani (erano il 45,3% solo nel 2007). E continua la crescita impetuosa degli smartphone, utilizzati dal 64,8% degli italiani (e dall’89,4% dei giovani di 14-29 anni): +12% di utenza complessiva in un anno, una crescita superiore a quella di qualsiasi altro mezzo. Inoltre social network e piattaforme online, da cui passa molta informazione (o pseudoinformazione) sanitaria, sono sempre più indispensabili nella nostra vita quotidiana. Impressionante anche il “crescendo” di italiani che ricorrono alla rete per informazioni sulla salute: dal 25% nel 2006 si è passati al 32% e oltre nel 2012 ed oggi siamo già a quota 41,7%, quasi 10 punti in più rispetto a 5 anni fa. Con numeri di questo genere, l’imperativo della pubblicità in sanità diventa quello dell’eticità e del rispetto della deontologia. Quando si fa una scelta per la nostra salute, infatti, non stiamo optando per acquistare un prodotto di cui, male che vada, ci pentiremo. Sono in ballo conseguenze molto più profonde, che vanno ben al di là della facile formuletta “soddisfatti o rimborsati”.
Link sintesi Censis
http://www.censis.it/7?shadow_comunicato_stampa=121073