Dagli ospedali alle aziende: lampade a tecnologia UV-C germicida

di Andrea Foppoli

Nel 1942, a Philadelphia, uno scienziato di nome William F. Wells fece installare delle lampade UV-C nelle classi della Germantown Friends School per combattere un’epidemia di morbillo tra i bambini. In questo modo si poteva sanificare l’aria mentre gli alunni seguivano le lezioni con il risultato che nelle classi senza lampade ultraviolette il tasso di infezione superò il 50%, mentre in quelle che avevano installato gli apparecchi si fermò ad appena il 13%. Da allora tanti esperimenti sono stati fatti con questo metodo di sanificazione e oggi le lampade germicide a raggi ultravioletti si possono trovare in numerosi ospedali in tutto il mondo. Al momento queste apparecchiature sono utilizzate in tutti quei luoghi dove c’è un’elevata concentrazione di persone: si pensi ad uffici, negozi, sale d’attesa, mense, spogliatoi, palestre, classi. Le lampade UV-C possono essere sicuramente annoverate tra gli strumenti di prevenzione nella vita di tutti i giorni.

Un po’ di storia

L’effetto germicida della luce UV-C viene scoperto alla fine dell’ ‘800 e ben presto viene utilizzato per la sterilizzazione degli strumenti medici. Bastano pochi anni perché si comprenda la portata di quella scoperta e infatti nel 1903 Niels Finsen ottiene il premio Nobel per la medicina per aver utilizzato queste radiazioni per la cura di alcune malattie. Inoltre comincia ad essere utilizzata su larga scala per la sanificazione delle acque pubbliche in diverse città europee; si ricorda l’impianto di Marsiglia come uno dei primi al mondo ad utilizzare questa tecnologia. Dalla seconda metà del ‘900 la luce UV-C inizia ad essere utilizzata per la disinfezione dell’aria negli ambienti ad alto rischio: ospedali, case di cura, centri per il trattamento della tubercolosi. Oggi si possono trovare impianti ad ultravioletti anche in ambienti extra ospedalieri particolarmente attenti al controllo microbiologico; per esempio nelle aziende chimiche, farmaceutiche, in quelle della filiera agroalimentare e nelle scuole.

La banda degli UV-C

Guardando lo spettro elettromagnetico, la luce visibile (400-700 nm) si posiziona tra gli infrarossi, caratterizzati da una lunghezza d’onda superiore, e gli ultravioletti che al contrario ne hanno una inferiore. Questi, in ordine decrescente di lunghezza d’onda, si distinguono a loro volta in UV-A (315-400 nm), UV-B (280-315 nm) e UV-C (100-280 nm). La banda degli UV-C da un lato ha la capacità di neutralizzare i microorganismi, ma dall’altro è dannosa per l’uomo. La lunghezza d’onda di precisamente 254 nm emessa da lampade al mercurio rappresenta lo standard a livello internazionale, ma si possono trovare anche lampade LED a lunghezze d’onda leggermente superiore. La letteratura più recente sta sperimentando la luce emessa a 222 nm, ovvero una lunghezza d’onda forse meno efficace, ma che pare innocua per la pelle dell’uomo.

 

L’efficacia contro il Covid 19

Numerosi studi scientifici hanno negli anni dimostrato le proprietà germicide dei raggi UV-C (Jensen 1964; Galasso et al. 1965; Gerba et al. 2002; Nuanualsuwan et al. 2003; Thurstone-Enriquez et al. 2003 solo per citarne alcuni). A maggio 2020 l’Istituto Superiore di Sanità inserisce la luce UV-C nelle sue raccomandazioni sulla sanificazione nell’attuale emergenza Covid-19 dichiarando che “studi in vitro hanno dimostrato chiaramente che la luce UV-C è in grado di inattivare il 99,99% del virus dell’influenza in aerosol”. Due recenti pubblicazioni scientifiche hanno dimostrato l’efficacia dei raggi UV-C anche contro il virus del Covid-19 (SARS-CoV-2). Il primo è stato condotto dall’Istituto Nazionale di Astrofisica, dall’Ospedale Sacco, dall’Istituto dei Tumori, dall’Ospedale Don Gnocchi e dall’Università di Milano (Bianco et al. 2020); il secondo dall’Università di Boston (Griffiths et al. 2020).

Cosa accade

Cosa accade a livello microscopico quando la luce UV-C illumina spore, muffe, batteri e virus? La luce UV-C colpisce direttamente gli acidi nucleici (DNA e RNA) dei microorganismi azzerando la loro capacità di riprodursi e di sopravvivere. Le radiazioni UV-C infatti non vengono tollerate dai microrganismi in quanto queste rompono le loro catene di DNA e RNA. Se si considera la dinamica della pandemia in corso, ma anche di una comune influenza, si può osservare come il virus emesso dall’uomo venga veicolato all’interno di goccioline di saliva (droplet nuclei). Se queste sono relativamente grandi si depositano sulle superfici in prossimità della persona che le emette venendo poi trasportate per contatto fisico, se invece sono di minor dimensione rimangono sospese nell’aria diffondendosi in tutto l’ambiente (Morawska, 2020). Quest’ultime si sono rivelate essere quelle più difficili da eliminare ed anche le più pericolose in quanto non vengono filtrate dai tratti respiratori superiori e, una volta inalate, vanno a depositarsi sugli alveoli polmonari dell’uomo (Hatch, 1961), dove troveranno terreno fertile per causare un’infezione (Wells, 1955).

 

Lampade diurne e notturne

Esistono due tipologie di lampade UV-C da ambiente: diurne e notturne. In Italia si conoscono quasi solamente quelle notturne, cioè quelle che emettono i raggi ultravioletti verso il basso e che quindi non possono essere usate in presenza di persone. Se è vero che queste lampade, irraggiando direttamente tutte le superfici, assicurano la massima sanificazione, è all’opposto vero che l’effetto da loro generato diminuisca nel tempo, cioè dal momento in cui una persona entra nell’ambiente igienizzato portando con sé nuove colonie di batteri e virus. Le lampade che in questo particolare momento storico si stanno rivelando fondamentali sono però quelle diurne in quanto garantiscono un effetto germicida costante quando le persone si trovano all’interno della stanza (come quelle utilizzate nella scuola di Philadelphia nel 1942…). Il principio su cui si basano è il seguente: i virus e i batteri sospesi nell’aria sono sospinti verso l’alto coi naturali moti convettivi dell’aria. Quando raggiungono gli strati superiori dell’ambiente vengono irradiati dalle lampade che emettono solo raggi paralleli e rasenti al soffitto. In pratica si crea un fascio di luce ultravioletta (invisibile all’occhio umano) nella parte alta della stanza: qualsiasi microorganismo che ci passerà attraverso verrà neutralizzato.

Nessun residuo tossico

Perché utilizzare delle lampade UV-C per sanificare gli ambienti rispetto ad altri sistemi attualmente più noti? In primo luogo occorre considerare separatamente gli apparecchi ad UV-C notturni da quelli diurni. I primi, irraggiando le superfici, possono essere confrontati con la sanificazione mediante prodotti chimici quali l’alcool, l’etanolo, il perossido di idrogeno; il vantaggio di una lampada UV-C è che non lascia nessun residuo tossico, è molto più veloce, non richiede l’impiego di personale e sul medio termine è economicamente vantaggiosa. Le lampade diurne, sanificando l’aria, possono essere confrontate con l’ozono e con i vari sistemi di filtrazione dell’aria (utilizzando varie tecnologie quali i filtri HEPA, i carboni attivi, la fotocatalisi, la ionizzazione); tra i principali vantaggi riportiamo che le lampade UV-C diurne possono essere usate in presenza di persone, garantiscono un effetto costante nel tempo, agiscono uniformemente in tutto l’ambiente e non richiedono manutenzione. È possibile anche installare delle lampade ultraviolette all’interno dei sistemi di filtrazione, ma a quel punto si vanno a perdere i molteplici vantaggi che presentano le lampade UV-C diurne.

Le testimonianze

A testimonianza della loro efficacia nel contrastare le infezioni basterebbe citare tutte le strutture sanitarie che da anni utilizzano la luce ultravioletta per contenere le infezioni. Per citare alcuni esempi, si possono trovare numerose lampade UV-C installate negli ospedali e nelle scuole dei paesi del nord Europa come il Belgio e l’Olanda, l’UNOPS (agenzia dell’ONU) ne ha installate oltre mille unità in Birmania per un programma contro la tubercolosi e Medici Senza Frontiere utilizza stabilmente questi apparecchi con migliaia di impianti installati nel continente asiatico ed africano. Qui in Italia le lampade diurne sono una novità portata dalla milanese SafeIn® che, in partnership con Philips®, ha installato i primi apparecchi negli ospedali lombardi. Per quanto riguarda quelle notturne esistono numerosi rivenditori di Philips® e di Osram®, i marchi più conosciuti ed affidabili.

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