Forniture di dispositivi medici e principio del risultato in rapporto con quello dell’equivalenza delle offerte tecniche

Il nuovo Codice dei contratti pubblici, di cui al D. Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, attribuisce al principio del risultato ed al correlato principio della fiducia, ricadute concrete sull’operato delle stazioni appaltanti nelle operazioni di valutazione delle offerte tecniche, con particolare riferimento all’applicazione del principio di equivalenza.
Il primo, previsto dal comma 4 dall’art. 1 del predetto Codice “costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale” ed è legato da un nesso inscindibile con la “concorrenza”, la quale opera in funzione del summenzionato principio rendendosi funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti. L’amministrazione, pertanto, deve tendere al miglior risultato possibile, a tutela dell’interesse pubblico per il quale viene prevista una procedura di affidamento.
La massima tempestività e il miglior rapporto possibile tra qualità e prezzo costituiscono, dunque, le due declinazioni principali del principio del risultato, cui sono funzionali gli altri elementi indicati nei successivi commi: la concorrenza tra gli operatori economici, funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidamento e nell’esecuzione dei contratti, e la trasparenza, funzionale alla massima semplicità e celerità nell’applicazione delle disposizioni del Codice.
Il secondo neo-introdotto principio della fiducia, sancito dall’art. 2 del D.lgs. n. 36 del 2023, porta invece a valorizzare l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici affermando la regola per cui ogni stazione appaltante ha la responsabilità delle gare e deve svolgerle non solo rispettando la legalità formale delle stesse, ma tenendo sempre presente che ogni procedura è funzionale ad acquisire servizi e forniture o a realizzare un’opera pubblica nel modo il più rispondente possibile agli interessi della collettività.

Il principio di equivalenza applicato alla casistica delle forniture di dispositivi medici: l’importanza della chiarezza delle previsioni della lex specialis
Il principio di equivalenza nel codice appalti previgente rispetto all’attuale, come noto, trovava specifica disciplina nell’art. 68, comma 8, del D. Lgs. n. 50/2016 a mente del quale quando si avvalgono della facoltà (prevista al comma 5, lettera a) della medesima disposizione) di definire le specifiche tecniche in termini di prestazioni o di requisiti funzionali le amministrazioni aggiudicatrici non possono dichiarare inammissibile o escludere un’offerta per il motivo che i lavori, le forniture o i servizi offerti non sono conformi alle specifiche tecniche alle quali hanno fatto riferimento, se nella propria offerta il concorrente dimostra, con qualsiasi mezzo appropriato, compresi i mezzi di prova di cui all’articolo 86 (del Codice n. 50/2016), che le soluzioni proposte ottemperano in maniera equivalente ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche1.

La previsione è stata sancita anche nel nuovo Codice dei contratti (il citato D.Lgs. n. 36/2023), che all’Allegato II. 5, rubricato: “Specifiche tecniche ed etichettature”2, prevede che: “L’offerente dimostra, nella propria offerta, con qualsiasi mezzo appropriato, compresi i mezzi di prova di cui all’articolo 105 del codice, che le soluzioni proposte ottemperano in maniera equivalente alle prestazioni, ai requisiti funzionali e alle specifiche tecniche prescritti”.
Il dettato normativo definisce il principio di equivalenza c.d. prestazionale, il quale può essere declinato nell’idoneità del dispositivo/macchinario offerto dall’operatore economico concorrente al soddisfacimento dell’interesse perseguito dall’amministrazione.
Lo stesso principio ha uno spettro di applicazione che trova il proprio limite nella rispondenza oggettiva del bene offerto in gara agli elementi tecnici (si pensi esemplificativamente alla potenza in kilowatt) richiesti esplicitamente dalla stazione appaltante con l’indizione della procedura di gara.
Presupposto fondamentale affinché tale principio possa trovare applicazione è che le specifiche tecniche previste nella lex specialis di gara consentano ai partecipanti di comprendere quali caratteristiche minime debba possedere il dispositivo offerto ed esplicitino la obbligatorietà e imprescindibilità delle qualità tecniche e prestazionali richieste in base alle esigenze dell’appalto.
A tal proposito è stato affermato in giurisprudenza che l’effetto espulsivo è predicabile solo se i requisiti tecnici descritti nella legge di gara consentono di ricostruire con esattezza il prodotto richiesto dall’Amministrazione e di fissare in maniera analitica ed inequivoca determinate caratteristiche tecniche come obbligatorie. La disciplina di gara deve prevedere, pertanto, le qualità del prodotto (ad esempio la potenza del motore del macchinario o di quello del dispositivo medico) che con assoluta certezza si qualificano come caratteristiche minime, sia perché espressamente individuate come tali nella disciplina di gara, sia perché la descrizione che se ne fa nella lex specialis è tale da farle emergere come qualità essenziali della prestazione richiesta3.
In altri termini, ove la stazione appaltante non intenda limitarsi a richiedere un macchinario genericamente in grado di assolvere ad una determinata finalità (nell’ambito della quale sarebbe possibile apparentare dispositivi differenti, ma equivalenti quanto a capacità prestazionali), la stessa ha il dovere di dettagliare le caratteristiche tipologiche e strutturali intrinseche che individuano una specifica tipologia alla quale dovranno corrispondere i prodotti proposti in gara.
Tale dovere di specificità comporta una conseguente limitazione applicativa del principio di equivalenza atteso che in tali ipotesi viene meno la necessità di operare un giudizio di equipollenza, in quanto le caratteristiche del prodotto vengono dettagliatamente descritte dalla stazione appaltante, alla stregua della valutazione dei suoi bisogni, all’atto dell’indizione della gara.
Viceversa, l’equivalenza attiene alle specifiche tecniche in senso proprio, consistenti cioè in standard capaci di individuare e sintetizzare alcune caratteristiche funzionali proprie del bene o del servizio, per lo più espresse in termini di certificazione, omologazione, attestazione, o in altro modo (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 5258/2019).
Ebbene, solo la caratterizzazione del prodotto o del servizio espressa mediante rinvio ad un dato standard tecnico-normativo giustifica il giudizio di equivalenza, il quale viceversa risulta inappropriato in relazione a caratteristiche descrittive rapportate a grandezze comuni, suscettibili di definire la tipologia di prodotto inderogabilmente richiesto dalla stazione appaltante (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 1225/2021; Sez. VI, n. 3808/2020; Sez. V, n. 2991/2019)4.

L’applicazione dei principi del risultato, della fiducia e dell’equivalenza verso un approccio meno formalistico all’operato delle stazioni appaltanti
Il comma 4 dell’art. 1 del nuovo codice dei contratti, come accennato supra, da un lato prevede che “Il principio del risultato costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto”, traducendosi nel dovere degli enti committenti di ispirare le loro scelte discrezionali più al raggiungimento del risultato sostanziale che a una lettura meramente formale della norma da applicare; dall’altro valorizza il raggiungimento del risultato come elemento di valutazione del personale che svolge funzioni amministrative o tecniche nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti, sia ai fini della valutazione delle loro responsabilità – di cui al successivo principio della fiducia – sia ai fini dell’attribuzione degli incentivi economici previsti dalla contrattazione collettiva.
La declinazione del principio del risultato contenuta nel comma 4 appare quindi destinata ad avere un maggiore impatto sui comportamenti concreti delle amministrazioni, soprattutto con riguardo all’interpretazione ed all’applicazione delle regole di gara, dovendo entrambe le fasi essere ispirate al risultato finale perseguito dalla programmata operazione negoziale, di cui assume un profilo dirimente la sua destinazione teleologica.
L’applicazione giurisprudenziale di tali princìpi a casi concreti5 induce ad indirizzare l’operato delle stazioni appaltanti affinché si pongano in linea con le innovative coordinate normative optando per un’interpretazione delle regole di gara ispirata all’implicito principio dell’equivalenza funzionale fra i beni e i dispositivi offerti.
Ciò al fine di conseguire il “miglior risultato” possibile all’esito di un realizzato contesto partecipativo ispirato all’attuazione della massima concorrenzialità nel segmento di mercato interessato, altrimenti preclusa dall’interpretazione formalistica ed escludente delle prescrizioni tecniche di gara.
Le stazioni appaltanti, seguendo la regola del “risultato” nei termini sopra declinati, dovrebbero optare per un’interpretazione delle disposizioni di gara teleologicamente orientata ad attuare la ratio sottesa alla programmata operazione amministrativa/negoziale complessivamente intesa, vale a dire assicurarsi il dispositivo medico, munito delle capacità terapeutiche ritenute imprescindibili, al miglior costo di mercato, obliterando così la portata impeditiva di tale primario scopo delle prescrizioni meramente formali6, così riconoscendo, al tempo stesso, l’estraneità di queste ultime rispetto al conseguimento del risultato perseguito.
In tal senso l’applicazione del principio di equivalenza può essere inteso quale precursore dell’applicazione del principio del risultato successivamente codificato nel nuovo Codice7.
Ciò in quanto in sede di gara per l’appalto di fornitura di dispositivi medici trova applicazione il giudizio di equivalenza, la quale va ragguagliata alla funzionalità di quanto richiesto dalla Pubblica amministrazione con quanto offerto in sede gara, non certo alla mera formale descrizione del prodotto8.
È stato chiarito in giurisprudenza che sin dal D. lgs 163/2006, con i commi 1 e 4 dell’art. 68, d.lgs. il legislatore – allorché le offerte tecniche devono recare per la loro idoneità elementi corrispondenti a specifiche tecniche – ha inteso introdurre, ai fini della valutazione del prodotto offerto dal soggetto concorrente, il criterio dell’equivalenza, nel senso cioè che non vi deve essere una conformità formale, ma sostanziale con le specifiche tecniche nella misura in cui esse vengono in pratica comunque soddisfatte (Cons. St. n. 7450 del 2019).
La norma, in attuazione del principio comunitario della massima concorrenza, è finalizzata (anche nella sua attualizzazione di cui all’Allegato II. 5, D.lgs. 36/2023) a che la ponderata e fruttuosa scelta del miglior contraente non debba comportare ostacoli non giustificati da reali esigenze tecniche. Il precetto di equivalenza delle specifiche tecniche è un presidio del canone comunitario dell’effettiva concorrenza (come tale vincolante per l’Amministrazione e per il Giudice) ed impone che i concorrenti possano sempre dimostrare che la loro proposta ottemperi in maniera equivalente allo standard prestazionale richiesto.
Laddove il disposto normativo di cui all’Allegato II.5, parte II – A, punto 7 del D.lgs. n. 36/2023 prevede che le stazioni appaltanti non possono respingere un’offerta per il motivo che i prodotti e i servizi presentati non sono conformi alle specifiche alle quali hanno fatto riferimento, impone quindi che il riscontro delle stesse in una gara sia agganciato non al formale meccanico riscontro della specifica certificazione tecnica, ma al criterio della conformità sostanziale delle soluzioni tecniche offerte.
Pertanto, il criterio dell’equivalenza per sua stessa natura non è suscettibile di applicazioni limitative o formalistiche ma deve, al contrario, godere di un particolare favore perché è finalizzato a sodisfare l’esigenza primaria di garantire la massima concorrenza tra gli operatori economici.
Le specifiche tecniche hanno il compito di rendere intellegibile il bisogno che la stazione appaltante intende soddisfare con la pubblica gara più che quello di descrivere minuziosamente le caratteristiche del prodotto offerto dai concorrenti.
La giurisprudenza (Cons. St., Sez. III, 18 settembre 2019, n. 6212) afferma che il principio di equivalenza delle offerte è attuativo del più generale principio del favor partecipationis, costituendo dunque espressione della massima concorrenzialità nel settore dei pubblici contratti.
Dalla superiore affermazione la giurisprudenza fa discendere l’esigenza di limitare entro rigorosi limiti applicativi l’area dei requisiti tecnici minimi e di dare spazio – parallelamente ma anche ragionevolmente e proporzionalmente – ai prodotti sostanzialmente analoghi a quelli espressamente richiesti dalla disciplina di gara.
Sul piano più strettamente applicativo deve ribadirsi che un siffatto giudizio di equivalenza sulle specifiche tecniche dei prodotti offerti in gara risulta legato non a formalistici riscontri ma a criteri di conformità sostanziale delle soluzioni tecniche offerte: deve in altri termini registrarsi una conformità di tipo meramente funzionale rispetto alle specifiche tecniche indicate dal bando (Cons. St., sez. III, 29 marzo 2018, n. 2013).
Con specifico riguardo ad un appalto attinente al settore sanitario, si è ancora una volta ribadito che “(…) con particolare riferimento all’appalto per la fornitura di medicinali e dispositivi medici, (…) il principio di equivalenza permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica, rispondendo al principio del favor partecipationis (ampliamento della platea dei concorrenti) ai fini della massima concorrenzialità nel settore dei pubblici contratti e della conseguente individuazione della migliore offerta, secondo i principi di libera iniziativa economica e di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione nel perseguimento delle propri funzioni d’interesse pubblico e nell’impiego delle risorse finanziarie pubbliche, sanciti dagli articoli 41 e 97 della Costituzione” (Cons. St., sez. III, 14 maggio 2020, n. 3081).
Il principio di equivalenza deve essere interpretato conformemente all’art. 60, paragrafi 3, 4, 5 e 6, della direttiva n. 2014/25/UE. “Il precetto di equivalenza delle specifiche tecniche è un presidio del canone comunitario dell’effettiva concorrenza (come tale vincolante per l’Amministrazione e per il giudice) ed impone che i concorrenti possano sempre dimostrare che la loro proposta ottemperi in maniera equivalente allo standard prestazionale richiesto” (Cons. St. n. 2093 del 2020).
Sotto il secondo profilo vanno richiamati i principi della giurisprudenza in ordine ai limiti del sindacato giurisdizionale sulla valutazione espressa dalla Commissione di gara nel formulare il giudizio di equivalenza tecnica delle offerte.
Il giudizio di equivalenza costituisce legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’Amministrazione ed il relativo sindacato giurisdizionale deve attestarsi su riscontrati (e prima ancora dimostrati) vizi di manifesta erroneità o di evidente illogicità del giudizio stesso. Il giudizio può essere sindacato dal giudice amministrativo solo a fronte di evidenti errori di fatto o riscontrati profili di irragionevolezza ed illogicità.
Per Palazzo Spada “una volta che l’Amministrazione abbia proceduto in tal senso, la scelta tecnico discrezionale può essere inficiata soltanto qualora se ne dimostri l’erroneità” (Cons. St., sez. III 13 dicembre 2018, n. 7039; Cons. St. n. 2093 del 2020).

Principio di equivalenza e discrezionalità tecnica
Il principio di equivalenza – il quale, come visto, mira a garantire un’applicazione oggettiva della legge di gara al fine di garantire la maggiore partecipazione possibile alle procedure pubbliche ed aprire il mercato anche mediante la possibilità di differenziare l’offerta – trova il suo bilanciamento “naturale” nella discrezionalità tecnica dell’amministrazione.
In particolare, è stato affermato che “la determinazione del contenuto del bando di gara costituisce espressione del potere discrezionale in base al quale l’Amministrazione può effettuare scelte riguardanti gli strumenti e le misure più adeguati, opportuni, congrui, efficienti ed efficaci ai fini del corretto ed effettivo perseguimento dell’interesse pubblico concreto, oggetto dell’appalto da affidare; le scelte così operate, ampiamente discrezionali, impingono nel merito dell’azione amministrativa e si sottraggono, pertanto, al sindacato del giudice amministrativo, salvo che non siano ictu oculi manifestamente irragionevoli, irrazionali, arbitrarie o sproporzionate, specie avuto riguardo alla specificità dell’oggetto e all’esigenza di non restringere la platea dei potenziali concorrenti e di non precostituire situazioni di privilegi. In particolare, con riguardo al settore sanitario, è stato evidenziato che la rilevanza della tutela della salute, sottesa alla previsione di livelli di competenza tecnica e standard qualitativi molto elevati, consente l’introduzione di un requisito proporzionato alla prestazione che si intende acquisire, nonché al perseguimento dell’interesse pubblico ad essa sotteso. A tale scopo, all’Amministrazione è garantita un’ampia discrezionalità nell’individuazione dei requisiti tecnici, ancorché più severi rispetto a quelli normativamente stabiliti, purché la loro previsione sia correlata a circostanze giustificate e risulti funzionale rispetto all’interesse pubblico perseguito”9.
Ed è stato anche osservato che l’amministrazione può configurare le forniture richieste tenendo conto, tra l’altro, anche delle proprie esigenze organizzative, ferma restando l’operatività del principio di equivalenza.
La stazione appaltante ha, dunque, un’ampia libertà di scelta nella determinazione delle forniture e delle caratteristiche tecniche, in particolare nel settore sanitario caratterizzato da livelli di competenza tecnica molto elevati. Tale discrezionalità, tuttavia non pone l’operato della stazione appaltante al riparo da eventuali critiche con riferimento al mancato rispetto del principio di equivalenza.
Una best practice nella stesura della legge di gara, al fine di fronteggiare possibili doglianze in tal senso, potrebbe essere quella di richiamare il principio di equivalenza nella lex specialis, prevedendo espressamente nella stessa che le caratteristiche tecniche dei prodotti richiesti siano orientative, ciò senza fare riferimento ad alcun marchio specifico bensì tramite requisiti tecnici ritenuti indispensabili dalla S.A. per le finalità perseguite.
Tale possibilità è stata descritta recentemente anche dall’Autorità anticorruzione10, la quale ha fornito il proprio parere di precontenzioso in una fattispecie in cui la stazione appaltate aveva segnalato la propria esigenza di acquisire un sistema di strumenti medicali collegati ad un unico generatore di energia, individuandone i requisiti tecnici essenziali (diametro, lunghezza, tipo di impugnatura, tasti ecc.). Ma tali caratteristiche sono state riconosciute appunto “orientative” con espressa ammissione di prodotti funzionalmente equivalenti. Tale comportamento è stato giudicato come legittimo dall’Anac la quale ha ravvisato in esso il rispetto del principio di equivalenza, del favor partecipationis e di apertura al mercato.

Principio di equivalenza, specifiche tecniche di cui all’all. II.5 del nuovo Codice dei contratti e requisiti minimi obbligatori “strutturali” e “funzionali”
Il principio dell’equivalenza, inoltre, può essere applicato ai requisiti minimi qualificati come obbligatori purché i prodotti e le prestazioni offerte, anche se aventi caratteristiche differenti da quelle richieste, siano comunque in grado di soddisfare le finalità richieste dall’amministrazione11.
La giurisprudenza ha ritenuto in materia che il principio di equivalenza sia estensibile anche ai requisiti minimi qualificati come obbligatori dalla disciplina di gara.
Ma ciò ha fatto sulla scorta di un approccio “funzionale”, ossia con riferimento a fattispecie in cui dalla stessa lex specialis (al di là di alcuni casi in cui era già quest’ultima a richiamare l’applicabilità del principio de quo anche ai requisiti tecnici minimi) emergeva che determinate caratteristiche tecniche erano richieste al fine di assicurare all’Amministrazione il perseguimento di determinate finalità, e dunque poteva ammettersi la prova che queste ultime fossero soddisfatte anche attraverso prodotti o prestazioni aventi caratteristiche tecniche differenti da quelle richieste (cfr. Consiglio di Stato, Sezione III, 6 settembre 2023, n. 8189).
In tali ultimi casi, l’estensione in via giurisprudenziale dell’ambito di applicazione del principio di equivalenza, ancorché in sé e per sé non confliggente con il diritto europeo, trova fondamento non già nelle esigenze pro concorrenziali perseguite dal citato articolo 42, par. 6, della direttiva 2014/24/UE, ma nel più generale principio del favor partecipationis (e, difatti, come già rilevato, trova il limite del rispetto della par condicio tra i concorrenti, che si verificherebbe laddove fosse consentito a un concorrente di offrire aliud pro alio).
Le considerazioni che precedono devono essere valutate con l’avvertenza che, nella giurisprudenza da ultimo citata, la distinzione tra requisiti tecnici minimi “strutturali” (a cui il principio de quo non sarebbe mai applicabile) e “funzionali” (per i quali varrebbe quanto sopra) è molto sfumata e opinabile, essendo stato adottato l’approccio “funzionale” finanche per ammettere la possibilità di offrire prodotti di materiale diverso da quello richiesto a pena di esclusione dalla lex specialis (come nelle fattispecie esaminate in Consiglio di Stato, sez. III, 6 dicembre 2023, n. 10536, e 25 novembre 2020, n. 7404).
Pertanto, deve concludersi che la qualificazione in termini “strutturali” o “funzionali” di un requisito minimo prescritto dalla legge di gara non dipende dalla natura del requisito in sé considerata (per esempio previsione della composizione del prodotto in uno specifico materiale), bensì dall’esistenza o meno nella lex specialis dell’esplicitazione delle finalità e dei bisogni dell’Amministrazione che la previsione di una determinata caratteristica tecnica è destinata a soddisfare (e queste vi erano nelle fattispecie esaminate dalle richiamate sentenze n. 10536/2023 e n. 7404/2020).
È appena il caso di aggiungere che sul punto non è dato trarre argomenti ermeneutici utili neanche dal nuovo Codice dei contratti pubblici, il quale si limita a riprodurre nell’allegato II.5 (e quindi in un testo destinato ad assumere rango regolamentare), il testo del previgente art. 68 dell’abrogato Codice n. 50/2016 con ciò mostrando di non aver tenuto conto degli approdi giurisprudenziali sopra richiamati (un principio di equivalenza di portata “espansiva” come quella sopra evidenziata avrebbe forse richiesto una disposizione primaria) e di aver – forse – voluto ribadire la circoscrizione della portata del principio in questione alla sola sfera delle “specifiche tecniche” (in senso stretto)12.
La giurisprudenza del Consiglio di Stato, ha affermato che l’onere della prova dell’equivalenza di quanto offerto, da rendersi secondo le modalità indicate nella disciplina di gara, costituisce parte integrante dell’offerta e grava sul concorrente, mentre spetta alla stazione appaltante svolgere una verifica effettiva e proficua della dichiarata equivalenza.
Logico corollario di tale premessa è quello secondo cui, in mancanza della predetta prova, non è ammesso il soccorso istruttorio, ma deve essere disposta l’esclusione dalla gara dell’offerta difforme, per difetto di una qualità essenziale nelle prestazioni ivi proposte. (Cons. St., sez. V, 3 agosto 2023, n. 7502).

Considerazioni conclusive

Come si è visto, il principio della fiducia è volto ad ampliare i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile. Nell’applicazione concreta del principio, tuttavia, occorre in ogni caso operare un equilibrato bilanciamento degli interessi in gioco: se da un lato il legislatore ha, infatti, inteso assicurare maggiore legittimazione alle scelte discrezionali dell’amministrazione, dall’altro quella di cui all’art. 2 del D. Lgs 36/2023 non è una fiducia unilaterale o incondizionata.
La disposizione precisa, infatti che la fiducia è reciproca e, dunque, investe anche gli operatori economici che partecipano alle gare. La fiducia deve essere applicata in uno con i princìpi di legalità, trasparenza e correttezza, rappresentando, sotto questo profilo, una versione evoluta del principio di presunzione di legittimità dell’azione amministrativa.
Come noto, nel settore sanitario (caratterizzato da livelli di competenza tecnica molto elevati) le stazioni appaltanti godono di un’ampia libertà di scelta nella determinazione delle forniture e delle caratteristiche tecniche.
Tale discrezionalità, tuttavia non pone l’operato del soggetto aggiudicatore al riparo da eventuali censure con riferimento al mancato rispetto del principio di equivalenza.
Una best practice nella stesura della legge di gara, al fine di fronteggiare possibili doglianze in tal senso, potrebbe essere quella di richiamare il principio di equivalenza nella lex specialis, descrivendo le specifiche tecniche senza fare riferimento a marchi determinati, e con l’avvertenza che esse non sono vincolanti ma solamente orientative, con conseguente rispetto del favor partecipationis.
L’applicazione del principio di equivalenza non dovrebbe, tuttavia, sfumare in una fattispecie in cui il concorrente offre un aliud pro alio.
Anche in tal caso l’esplicitazione da parte della stazione appaltante nella lex specialis di quali siano requisiti tecnici minimi “strutturali” (ai quali il principio di equivalenza non è applicabile) e “funzionali” (ai quali invece è possibile applicare il citato principio) potrebbe valere ad evitare impugnazioni della procedura di gara.
In tal senso, in tema di forniture di dispositivi medici, l’applicazione del principio di equivalenza può essere inteso quale precursore dell’applicazione del principio del risultato poi codificato nel nuovo codice dei contratti pubblici, in quanto preposto ad ottenere che l’approvvigionamento di dispositivi medici (e non solo) avvenga nella maniera più efficiente possibile.

di Stefano Cresta – Cresta & Associati – Studio Legale – tratto da TEME 7-8/2024

 

1 di normalizzazione se tali specifiche contemplano le prestazioni o i requisiti funzionali da esse prescritti. Nella propria offerta, l’offerente è tenuto a dimostrare con qualunque mezzo appropriato, compresi i mezzi di prova di cui all’articolo 86, che i lavori, le forniture o i servizi conformi alla norma ottemperino alle prestazioni e ai requisiti funzionali dell’amministrazione aggiudicatrice”.
2 Di tale allegato è prevista l’abrogazione a decorrere dalla entrata in vigore di un corrispondente regolamento da adottare, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della L. n. 400/1988, con decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti.
3 Cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, n. 3084/2020; TAR Campania Napoli, Sez. V, 04.06.2024, n. 3553; T.A.R. Lombardia, Milano, n, 2799/2021; T.A.R. Trentino-Alto Adige, Bolzano, n. 127/2022.
4 Si aggiunga che, secondo la citata giurisprudenza, la carenza degli elementi tecnici specificamente richiesti non è in alcun modo surrogabile con la presenza di altre caratteristiche “compensative” (es. risparmio di carburante)
5 Tar Napoli, 06 maggio 2024 n. 2959; sul principio del risultato si veda anche, di recente, Consiglio di Stato, sez. VII, 01.07.2024 n. 5789 pur se attinente a diversa casistica riguardante affidamento dell’appalto integrato relativo ai lavori di realizzazione di un edificio universitario.
6 Nella fattispecie analizzata dal Tar Campania n. 2959/2024 cit. le prescrizioni della legge di gara si riferivano al dosaggio ed al confezionamento
dei farmaci.
7 È stato affermato in giurisprudenza che anche con riferimento alle forniture alle quali, ratione temporis, non è applicabile la disciplina di cui al d. lgs. 36/2023 “l’utilizzo da parte della legge di gara del parametro del risultato esplicita e conferma, nello specifico procedimento per cui è causa,
il carattere immanente al sistema della c.d. amministrazione di risultato (che la dottrina ha ricondotto al principio di buon andamento dell’attività
amministrativa, già prima dell’espressa affermazione contenuta nell’art. 1 del citato d. lgs. n. 36 del 2023 con specifico riferimento alla disciplina
dei contratti pubblici)” (Consiglio di Stato, sez. VII, 01.07.2024 n. 5789).
8 Consiglio di Giustizia Amministrativa Regione Siciliana del 20 luglio 2020, n. 634.
9 T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, 25 luglio 2022, n. 327.
10 Delibera Anac 5 giugno 2024, n. 274, parere di precontenzioso in gara telematica a procedura aperta ai sensi dell’art. 71 del D.Lgs. 36/2023 per l’acquisto di dispositivi medici per chirurgia open e laparoscopica, elettrochirurgia e chirurgia mininvasiva.
11 Cons. Stato, Sez. III, 9 maggio 2024, n. 4155.
12 Nel caso deciso da Cons. Stato 4155/2024 cit. è stato ritenuto che il prodotto offerto dalla società difettasse (non di una, ma) di due caratteristiche tecniche richieste dalla lex specialis, ossia il nucleo in nylon e il dispositivo di bloccaggio in titanio, e che la stessa lex specialis, configurava i requisiti in questione in termini meramente “strutturali”, senza quindi lasciare alcuno spazio per un approccio “funzionale” (nel senso sopra chiarito).
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