Una recente sentenza della Cassazione civile (sez. VI, n. 11755/16), dell’8 giugno scorso, ha confermato il principio, già richiamato in appello, secondo cui il tempo della “vestizione”, quello cioè impiegato per indossare gli abiti da lavoro, rientra a pieno titolo nell’orario di lavoro e pertanto non dà diritto ad alcuna retribuzione aggiuntiva.
Nella fattispecie, come ricorda l’Associazione Medici Dirigenti Anaao Assomed in una recente comunicazione, un’infermiera professionale dell’Azienda Asp/2 di Caltanissetta aveva adito il Tribunale di Gela per vedersi riconosciuta una somma a titolo di retribuzione aggiuntiva spettante in relazione al tempo impiegato (venti minuti giornalieri) per indossare e dismettere la divisa di lavoro all’inizio ed al termine di ciascun turno di lavoro.
Il Tribunale di Gela aveva rigettato la suindicata richiesta e stessa sorte aveva riservato all’istanza la Corte di appello di Caltanisetta. L’infermiera professionale si è pertanto rivolta alla Corte di Cassazione che, con sentenza n. 11755/2016 del 8 giugno 2016, ha definitivamente respinto la richiesta in argomento, evidenziando che l’attività di vestizione e svestizione era compiuta all’interno dell’orario di lavoro. E’ risultato infatti che la dipendente registrava la presenza prima di indossare la divisa e timbrava l’uscita solo dopo essersi cambiata. Le attività di vestizione e svestizione erano effettuate quindi nel tempo compreso tra la timbratura di entrata e quella in uscita (e dunque nell’orario di lavoro). E’ stato inoltre verificato che non vi è prova che l’azienda avesse imposto ai lavoratori di anticipare l’ingresso e posticipare l’uscita per indossare e dismettere la divisa di lavoro, mentre le direttive aziendali si limitavano ad imporre di indossare la divisa successivamente all’entrata e a dismetterla prima dell’uscita dal servizio. L’eventuale scostamento orario tra la timbratura e l’orario del turno andava collegato all’attività preparatoria della prestazione che, in assenza di una espressa disposizione aziendale, non poteva postulare un ulteriore corrispettivo. In definitiva la VI Sezione della Corte di Cassazione civile, con la sentenza in esame, ha ribadito il principio secondo cui il tempo necessario a indossare l’abbigliamento di servizio costituisce tempo di lavoro soltanto ove qualificato da una eterodirezione. In difetto di direttive specifiche in tal senso l’attività di vestizione rientra nella diligenza preparatoria inclusa nell’obbligazione principale del lavoratore e non dà titolo ad autonomo corrispettivo. La Corte di Cassazione civile ha peraltro ricordato come la giurisprudenza abbia più volte affermato, in relazione alla regola fissata dal Rdl 5 marzo 1923, n. 692, articolo 3 (secondo cui è considerato lavoro effettivo ogni lavoro che richieda un’occupazione assidua e continuativa), il principio secondo cui quest’ultima disposizione non preclude che il tempo impiegato per indossare la divisa sia da considerarsi lavoro effettivo (e debba essere pertanto retribuito), ove tale operazione sia diretta dal datore di lavoro il quale ne disciplini il tempo e il luogo di esecuzione, ovvero si tratti di operazioni di carattere strettamente necessario ed obbligatorio per lo svolgimento dell’attività lavorativa.
Link sentenza
http://www.legalcorner.it/sentenze/%7BAA07F470-36D3-11E6-9A14-353537333838%7D