Affidamenti in house: secondo parere del Consiglio di Stato alle Linee guida ANAC

Lo scorso 5 settembre il Consiglio di Stato è tornato, con il provvedimento n° 1940, sulle Linee guida n° 7 dell’ANAC. Tale provvedimento, di fatto sblocca l’accesso all’elenco delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori che operano mediante affidamenti diretti nei confronti di proprie società in house, Questo nuovo parere è conseguente all’aggiornamento, fatto dall’ANAC, alle Linee guida n°7, dopo il Decreto correttivo 56/2017. Di seguito una breve citazione delle novità introdotte dall’ANAC e dei relativi commenti di Palazzo Spada:

1) L’elenco
Al punto 2.1, che indica le informazioni contenute nell’Elenco, è stato eliminato il punto 12 della lettera d) relativo alla clausola statutaria che imponeva che più dell’80% del fatturato fosse svolto in favore dell’ente pubblico o degli enti pubblici soci e che la produzione ulteriore rispetto a detto limite fosse consentita solo assicurando economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell’attività principale dell’organismo in house.
Tale scelta, giustificata dall’ANAC in ragione del fatto che il precedente n. 11 già richiama tra le informazioni che vanno inserite nell’elenco, al secondo trattino, le “clausole statutarie” dell’organismo in house, non convince però Palazzo Spada. Secondo il Consiglio di Stato la motivazione non appare pienamente convincente, in quanto le “clausole statutarie” che prevedono i dispositivi necessari alla realizzazione dell’assetto di controllo analogo ben possono avere un oggetto diverso rispetto a quelle che devono invece prescrivere gli anzidetti limiti di fatturato.

2) la domanda
Al punto 4.1, si legge che «La domanda di iscrizione è presentata, a pena di inammissibilità, dal Responsabile dell’Anagrafe delle Stazioni Appaltanti (cd. RASA) su delega delle persone fisiche deputate ad esprimere all’esterno la volontà del soggetto richiedente». Nella nota del 6 luglio 2017, tale modifica viene giustificata in ragione del fatto che le stazioni appaltanti hanno l’obbligo di iscriversi presso l’Anagrafe Unica delle Stazioni Appaltanti (di seguito AUSA), ai sensi dell’art. 33-ter del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179. Ne consegue che l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore che intende richiedere l’scrizione all’Elenco deve essere necessariamente iscritta in AUSA.
Su queste basi, la prescrizione secondo cui la domanda di iscrizione deve essere presentata ‒ su delega degli interessati ‒ dal Responsabile dell’Anagrafe delle Stazioni Appaltanti, appare al Consiglio di Stato una soluzione procedurale opportuna, in quanto idonea a semplificare le procedure di accreditamento.

3) Il Controllo congiunto
Il punto 7.1 delle Linee guida è stato integrato con la seguente previsione: «In caso di inerzia e/o ritardo dell’ente istante a comunicare le variazioni circa la composizione del controllo analogo congiunto, l’Ufficio può procedere alle variazioni anche su iniziativa degli altri enti partecipanti alla compagine che esercita il controllo analogo congiunto sull’organismo in house». La Commissione del Consiglio di Stato, anche in tal caso, non ha rilievi da formulare. In caso di controllo congiunto, deve essere presentata una sola domanda riferita a tutti i soggetti interessati all’iscrizione (punto 4.3), cosicché appare opportuno scongiurare i problemi che possono sorgere a causa di possibili ritardi nella comunicazione delle variazioni di assetto.

4) Cancellazione dall’elenco e revoca degli appalti
La precedente formulazione del punto 8.8 prevedeva che, dalla data di cancellazione dall’elenco: «[…] i contratti già aggiudicati devono essere revocati e affidati con le procedure di evidenza pubblica previste dal Codice. La continuità del servizio può essere garantita disponendo che, nelle more dello svolgimento delle procedure di gara, l’esecuzione del contratto prosegua da parte dell’organismo controllato». Il legislatore ha abrogato il così detto potere di raccomandazione vincolante (art. 123, comma 1, lettera b, del d.lgs. n. 56 del 2017) e ha introdotto all’art. 211 del Codice dei contratti pubblici i seguenti commi, da 1-bis a 1-quater: «1-bis. L’ANAC è legittimata ad agire in giudizio per l’impugnazione dei bandi, degli altri atti generali e dei provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto, emessi da qualsiasi stazione appaltante, qualora ritenga che essi violino le norme in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. 1-ter. L’ANAC, se ritiene che una stazione appaltante abbia adottato un provvedimento viziato da gravi violazioni del presente codice, emette, entro sessanta giorni dalla notizia della violazione, un parere motivato nel quale indica specificamente i vizi di legittimità riscontrati. Il parere è trasmesso alla stazione appaltante; se la stazione appaltante non vi si conforma entro il termine assegnato dall’ANAC, comunque non superiore a sessanta giorni dalla trasmissione, l’ANAC può presentare ricorso, entro i successivi trenta giorni, innanzi al giudice amministrativo. Si applica l’articolo 120 del codice del processo amministrativo di cui all’allegato 1 annesso al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104. 1-quater. L’ANAC, con proprio regolamento, può individuare i casi o le tipologie di provvedimenti in relazione ai quali esercita i poteri di cui ai commi 1-bis e 1-ter». Coerentemente con le nuove previsioni normative, i punti 5.7 e 8.8 delle Linee guida ‒ riferiti, rispettivamente, ai casi in cui l’ANAC accerta l’assenza dei requisiti di legge che devono essere posseduti per l’iscrizione nell’Elenco e quelli in cui ne dispone la cancellazione per la sopravvenuta carenza di tali requisiti ‒ sono stati adeguati prevedendo, in luogo dell’esercizio del potere di raccomandazione vincolante (oramai abrogato), l’esercizio dei poteri di cui all’art. 211, commi 1-bis e 1-ter, del Codice dei contratti pubblici. Il potere di impugnativa, nella nuova formulazione delle Linee guida, è espressamente riferito «ai contratti già aggiudicati mediante il modulo dell’in house providing».

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