Fuori dall’ospedale, dentro le mura domestiche. Monitoraggio dei servizi sul territorio

E’ stato presentato a Roma da Cittadinanzattiva “Fuori dall’ospedale, dentro le mura domestiche. Monitoraggio dei servizi sul territorio“, realizzato con il contributo di ABBVIE. Il quadro emerso è stato disegnato attraverso l’analisi dei risultati dei questionari rivolti: agli assessorati regionali di 14 Regioni; alle Direzioni di aziende sanitarie (36 ASL); ai responsabili di distretto (82 Distretti); ai Responsabili di Unità complesse di cure primarie (14) e a circa 1800 pazienti tra quelli in cure domiciliari e pazienti cronici che non necessitano di assistenza domiciliare. Dai dati emersi si riscontrano offerte di servizi disomogenee, assistenza domiciliare non per tutti e a rischio sotto il profilo della qualità e quantità. Per fare alcuni esempi, i Centri diurni per la salute mentale sono in media 29,8 per Regione (sul campione intervistato) ma si va dai 3 del Molise ai 69 della Toscana passando per i 21 di Puglia e Piemonte e i 28 dell’Emilia Romagna. Idem per i Centri per l’Alzheimer che vanno dall’1 del Molise ai 109 del Veneto con 4 in Campania, 8 in Puglia e 11 in Umbria. E il 40% delle Regioni intervistate è sprovvisto di Centri diurni per persone con autismo. I cittadini lamentano una eccessiva rotazione nel personale inviato a casa oltre ai tempi lunghi per l’attivazione dei servizi a domicilio, attesa che si allunga per avere letti antidecubito, traverse, pannoloni, carrozzine e farmaci indispensabili. Ma è l’organizzazione nel suo complesso a mostrare evidenti carenze basti pensare che nel 75% delle Regioni monitorate, le funzioni delle ATF (Aggregazioni Funzionali Territoriali) sono riportate negli atti regionali, ma l’esplicitazione di un coordinamento tra AFT e UCCP (Unità Complesse di Cure Primarie) è ferma al 63%. L’84% dei distretti coinvolti nell’ indagine riferisce la presenza di una Centrale della continuità o di una struttura equivalente, posta sul territorio, per garantire il collegamento tra le strutture ospedaliere e i servizi territoriali. La prima cosa che balza agli occhi è la numerosità di nomi utilizzati per definirla. Una percentuale residua tra le Centrali della continuità (39%) si occupa dell’inserimento dei pazienti in strutture residenziali (RSA) e dell’individuazione dei pazienti da trasferire in hospice. Le UCCP: in Emilia Romagna Toscana e Piemonte si chiamano Case della Salute, in Veneto ci sono le Medicine di Gruppo Integrate, in Piemonte i Centri di Assistenza Primaria. Comunque le si voglia chiamare queste strutture comunque costituiscono quella rete territoriale che dai dati emersi sembra essere carente. Gli Hospice sono numerosi nel Lazio, Emilia Romagna, Veneto e Toscana; gli Ospedali di Comunità sono una caratteristica della Toscana (41 strutture); il Lazio ha investito sulle Unità Riabilitative Territoriali (140 URT). Le Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) sono più numerose in Veneto (789), Piemonte (605) e Toscana (319) ma va considerato che nelle restanti regioni il numero di RSA è mediamente meno di un decimo della Toscana. L’assistenza domiciliare viene erogata dai distretti monitorati secondo un sistema misto (51%), cioè avvalendosi di cooperative di servizi socio-sanitari e/o società di servizi (76%), associazioni di volontariato (40%), enti religiosi (10%), altro (29%). Il piano personalizzato di assistenza è costruito col paziente in poco più di un caso su due (54%) e circa in due casi su tre con il familiare (66,7%). Anche i contenuti del Piano Assistenziale individuale definito non sono comunicate, e dunque conosciuti da oltre un familiare su 5 e da più di un paziente su tre. Passando poi all’ informatizzazione si riscontra che nel 90% dei casi è presente un sistema informatizzato regionale ma solo nel 56% delle regioni è integrato con il sociale e che consultare o ricevere referti online risulta complicato: benché le ASL dichiarino di offrire tale possibilità (75%), l’interoperabilità tra i servizi è completa in una regione su 3, a livello aziendale i servizi sono collegati tra loro per la specifica funzione solo nel 59% dei casi e a livello provinciale nel 7%.

 

 

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