Bruxelles ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora per ciò che recita l’articolo 113-bis, introdotto nel Codice degli Appalti dal Correttivo dlgs 56/2017 entrato in vigore lo scorso 20 maggio: «il termine per l’emissione dei certificati di pagamento relativi agli acconti del corrispettivo di appalto non può superare i 45 giorni decorrenti dall’adozione di ogni stato di avanzamento dei lavori». Il Commissario europeo al mercato interno, industria, imprenditoria e pmi, Elzbieta Bienkowska, ha ravvisato in tale articolo una sorta di estensione automatica del termine di pagamento a 45 giorni. Tale procedura andrebbe quindi a collidere con la direttiva sui ritardi sui pagamenti (direttiva 2011/7/Ue) che richiede alle autorità pubbliche di pagare per i beni e servizi entro 30 giorni o, in casi eccezionali, entro 60 giorni. Ora l’Italia avrà due mesi di tempo per rispondere ai rilievi di Bruxelles. L’UE aveva già ripreso l’Italia proprio per gli eccessivi ritardi nei pagamenti lo scorso febbraio ed oggi, nonostante vengano riconosciuti al nostro Paese gli sforzi fatti per ridurre i ritardi nel pagare le fatture arretrate, ci vengono chiesti altri significativi sforzi per assicurare che i ritardi medi nei pagamenti siano in linea con i tempi fissati dalla direttiva. Una cosa va però aggiunta: ciò che l’UE ci sottolineava nella lettera di febbraio era quella consuetudine assunta dalla Pubblica Amministrazione di pagare i propri conti con tempi medi ben superiori rispetto al limite di 30/60 giorni fissato dalla direttiva, la lettera ultima apre invece un possibile contenzioso in quanto solleva ombre sulla compatibilità comunitaria del correttivo al Codice appalti, limitatamente all’ art. 113-bis. Tale articolo secondo Bruxelles, istituisce infatti una sorta di periodo di stand by di 45 giorni.