Con le sentenze nn. 139 e 140 del 22 luglio 2024, la Corte costituzionale si è pronunciata sulla legittimità del sistema del c.d. payback applicato alle forniture di dispositivi medici del SSN. La Consulta ha rigettato la maggior parte delle questioni sottoposte alla sua attenzione, confermando, con alcune precisazioni, la legittimità del contributo a carico delle imprese dal punto di vista costituzionale.
La Corte ha dovuto dirimere, tra le altre, le seguenti questioni:
- se il fondo per finanziare la transazione della lite con le imprese fosse compatibile con gli artt. 3 e 119 Cost, che regolano i rapporti finanziari tra lo Stato e le Regioni; sotto questo profilo, la Corte ha stabilito che la riduzione al 48% delle somme inizialmente richieste come contropartita della transazione non debba essere riservata soltanto alle imprese che rinunciano al contenzioso, ma debba applicarsi a tutti i fornitori comunque interessati dal payback dispositivi medici. Allo stato, la riduzione riguarda gli anni dal 2015 al 2018. In pratica, così facendo, la Corte ha “dimezzato” l’esborso a carico di tutte le imprese, ma solo per le suddette annualità;
- in secondo luogo, la Corte ha dovuto determinare se il payback fosse compatibile con la libertà di iniziativa economica sancita dall’art. 41 Cost. e ha ritenuto che il contributo richiesto alle imprese ha carattere solidaristico ed è necessario a garantire la sostenibilità del SSN; inoltre, esso sarebbe anche proporzionato alla luce della suddetta riduzione, disposta però, allo stato, solo per gli danni dal 2015 al 2018;
- in terzo luogo, la Consulta ha ritenuto che la determinazione dell’esborso a carico delle imprese da parte delle Regioni non contrasti con la riserva di legge relativa prevista dall’art. 23 Cost., perché la legge individuerebbe sia la platea dei soggetti tenuti al versamento, sia l’oggetto di quest’ultimo, che consiste nel ripianamento dello sforamento dei tetti di spesa da parte delle Regioni;
- infine, non sono state accolte le questioni incentrate sulla violazione degli artt. 3 e 117 Cost., per contrasto con i principi europei di ragionevolezza, di irretroattività e di affidamento; secondo la Corte, infatti, le imprese del settore erano a conoscenza del payback sin dal 2015, ossia da prima di partecipare alle gare dalle quali poi è sorto l’obbligo di contribuzione.
L’esito del giudizio non può dirsi soddisfacente per le imprese che, pur avendo ottenuto l’applicazione della riduzione del dovuto per il 2015-2018, restano destinatarie di una norma che impone loro di restituire una parte consistente del fatturato, peraltro a distanza di anni dall’esecuzione della fornitura. Molte imprese, poi, sono a rischio di insolvenza e non è detto che, d’ora in poi, riescano ad assicurare le forniture agli enti del SSN.
A dire il vero, l’esito è infausto anche per gli enti del SSN che, a breve, potrebbero riscontrare difficoltà operative causate dalla crisi delle imprese e l’aumento dei prezzi dei dispositivi medici derivanti dalla necessaria considerazione del “costo” del payback.
Secondo PMI Sanità, la decisione della Corte rischia di avere effetti gravi: a fronte dei rischi noti per il comparto dei fornitori di dispositivi medici (licenziamenti, fallimenti, ecc.), sono più che probabili effetti sistemici sul funzionamento stesso dei servizi erogati dal SSN. In ogni caso, è singolare che la Corte abbia ritenuto “non eccessivo” il contributo richiesto alle imprese, giustificandolo semplicemente alla luce di una riduzione temporanea e che non scongiura il rischio fallimento per molte imprese, soprattutto di piccole e medie dimensioni, con conseguenze irreversibili sul mercato del lavoro, il gettito fiscale e la concorrenza nel mercato.
(Avv. Giampaolo Austa | Ph.D Professore incaricato di diritto amministrativo all’Università degli studi della Tuscia Of Counsel)