Nel 2007 l’allora Ministro della Salute, Livia Turco, propose l’istituzione delle Case della salute, intese come “strutture di riferimento per le cure primarie”. Che il modello assistenziale e il suo rapporto con il territorio vadano ripensati lo si sa da tempo. E adesso, a oltre 10 anni di distanza, a che punto siamo? Ci viene in aiuto l’ultimo Rapporto Oasi a cura di Cergas-Bocconi, che fa emergere potenzialità e criticità.
Oltre 300 Case in Italia
Il Rapporto 2017 ha censito -per la prima volta- oltre 300 Case della salute a livello nazionale, seppur con caratteristiche, servizi ed etichette molto eterogenee tra di loro. Esse sono rafforzate anche dal nascere di nuovi modelli di servizi per presa in carico orizzontale dei pazienti e dal diffondersi di centri servizi e sistemi operativi che sostengono forme di transitional care, ovvero l’accompagnamento attraverso i setting assistenziali in modo da favorire fluidità e appropriatezza di approdo. Tutto questo è sospinto da un forte tensore al cambiamento dei modelli di servizio e di erogazione della medicina.
Trasformazioni di strutture preesistenti
Tra i molti dati presenti nel Rapporto, il più interessante è che il 90% delle nuove strutture territoriali sono frutto della trasformazione di preesistenti strutture sanitarie, che hanno perso il loro ruolo originale: tipicamente piccoli ospedali generalisti a cui sono stati tolti i pazienti acuti o poliambulatori specialistici che ora cercano di integrarsi faticosamente con la medicina generale. È senz’altro una buona notizia, perché testimonia che la trasformazione della geografia dei servizi, invocata nelle precedenti edizioni del Rapporto, è stata avviata su larga scala.
Ma si rischia di perpetuare precedenti modelli
Come sappiamo, però, tutte le strutture di servizio, soprattutto se storicamente consolidate nelle realtà territoriali rurali o sub-urbane, tendono a soffrire di una eccessiva path dependency: rischiano di perpetuare i precedenti modelli di servizio, che si sono stratificati storicamente, e che peraltro corrispondono alle loro uniche competenze professionali disponibili.
Contraddizioni evidenti
Anche in questi casi si assiste a un’evidente contraddizione: alcuni nuovi setting assistenziali, a cui si assegna un ruolo di rottura e di promozione dell’innovazione, come le Case della Salute, coincidono con luoghi fisici da poco «abbandonati» dall’ospedale perché non più funzionali a rispondere alla domanda di salute emergente. Con le stesse competenze ed a risorse finanziarie tendenzialmente decrescenti, queste strutture dovrebbero diventare gli incubatori della sanità del futuro.
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