Una recente sentenza del Consiglio di Stato (Sez. VII, 07.02.2025, n. 961) ha chiarito il concetto di servizi analoghi nelle procedure di gara, ribadendo che la valutazione dell’esperienza pregressa di un operatore economico non deve basarsi su una perfetta identità delle prestazioni, ma su elementi di similitudine. Questo approccio mira a evitare restrizioni eccessive alla concorrenza, in conformità con il principio di proporzionalità sancito dall’art. 58, § 4, della Direttiva 2014/24/UE.
L’importanza del principio di proporzionalità
Secondo il Consiglio di Stato, richiedere una coincidenza esatta tra i servizi già eseguiti e quelli oggetto della gara ridurrebbe ingiustificatamente la platea dei partecipanti, penalizzando il mercato e violando il principio di proporzionalità. L’obiettivo principale della normativa sugli appalti pubblici è garantire che gli operatori economici dimostrino di possedere le competenze tecniche e le risorse necessarie per eseguire l’appalto con un adeguato standard di qualità, senza escludere concorrenti sulla base di criteri troppo restrittivi.
L’interpretazione della giurisprudenza
La giurisprudenza amministrativa ha consolidato l’idea che la valutazione dei requisiti di partecipazione debba basarsi su un confronto tra le prestazioni richieste e quelle già svolte dai concorrenti, evidenziando elementi di similitudine piuttosto che un’identità assoluta. Questo garantisce una maggiore apertura del mercato, favorendo la partecipazione e stimolando la concorrenza.
Conclusione
La sentenza n. 961/2025 del Consiglio di Stato rappresenta un ulteriore passo verso un sistema di appalti pubblici più equo e accessibile, in cui l’esperienza pregressa viene valutata in modo flessibile, evitando restrizioni ingiustificate alla concorrenza. Un approccio che garantisce il rispetto del principio di proporzionalità e la massima apertura del mercato degli appalti pubblici.