Nell’esercizio delle prerogative previste dall’art. 213 del Codice Appalti, l’autorità ha inviato un Atto di segnalazione su criticità e problematiche riguardanti la figura del Responsabile Unico di Procedimento. Nel “mirino”, in particolare, le contraddizioni fra due articoli del Dlgs 50/2016, il 26 e il 31.
Nell’esercizio del potere di segnalazione di cui all’art. 213, comma 3, lett. d), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 l’Autorità Nazionale Anticorruzione ha formulato attraverso l’ “Atto di segnalazione n.5” del 26 marzo scorso, pubblicato sul portale dell’Autorità lo scorso 2 maggio, alcune proposte di modifica normativa tese a superare delle criticità e difetti di coordinamento di talune disposizioni del Codice sul RUP – Responsabile Unico di Procedimento, in un’ottica di semplificazione delle procedure di affidamento, per quanto concerne i cosiddetti servizi tecnici.
“Evidenti contraddizioni”
Dopo un’attenta disamina del quadro normativo di riferimento, l’Anac entra nel merito segnalando che “emergono evidenti contraddizioni tra gli articoli 26 e 31 del Codice che, almeno da un punto di vista formale, rendono gli stessi difficilmente attuabili e che non possono essere completamente superate dalle indicazioni fornite in atti di soft law. Le contraddizioni riguardano gli affidamenti di lavori di importo minore, quelli inferiori ad un milione di euro, ovvero quei lavori che, secondo quanto previsto dagli artt. 37 e 38 del Codice (ancora non attuati), potrebbero essere affidati anche da stazioni appaltanti con un livello di qualificazione non elevato, ovvero caratterizzate da una ridotta struttura stabile dedicata alle procedure di affidamento. L’art. 26 del Codice, a differenza di quanto contenuto negli artt. 47 e 48 del D.P.R. 207/2010 (abrogati con l’entrata in vigore del d.lgs. 50/2016), prevede che sotto il milione di euro non vi siano alternative al RUP per l’attività di verifica. L’attività di verifica, si ricorda, per espressa previsione del Codice, è incompatibile con quella di progettazione e direzione dei lavori (o dell’esecuzione).
L’art. 31
Tuttavia, il successivo art. 31 prevede espressamente tra i compiti che possono essere affidati al RUP quelli di progettazione e di direzione dei lavori (e dell’esecuzione) per affidamenti di importo limitato, rimandando ad ANAC il compito di fissare l’importo massimo per tali attività. Poiché fino a un milione di euro il RUP deve svolgere la funzione di verificatore ne deriva che fino a quell’importo lo stesso non possa mai svolgere le funzioni di progettista o di direttore dei lavori (o dell’esecuzione), svuotando di contenuto la previsione di cui all’art. 31 del Codice. L’ANAC nelle proprie linee guida n. 3, per superare l’impasse, ha stabilito una soglia di 1,5 milioni per le attività di progettazione e di direzione dei lavori. Si tratta, però, di una soluzione che produce esiti peculiari, rendendo di fatto possibile lo svolgimento delle funzioni di progettista o di direttore dei lavori per interventi di importo compreso tra un milione e un milione e mezzo di euro, senza superare la preclusione della coincidenza delle figure per gli affidamenti di importo fino ad un milione di euro per i quali sarebbe maggiormente giustificata una semplificazione procedurale.
Coordinare le previsioni di due articoli
Si pone, pertanto, la necessità di coordinare da un punto di vista normativo le previsioni contenute nell’art. 26 del Codice con quelle contenute nel successivo art. 31 dello stesso. Sotto un diverso profilo, si osserva che l’art. 26, al comma 8, assegna al RUP il compito di sottoscrivere la validazione del progetto, atto formale che riporta gli esiti della verifica e fa specifico riferimento (e, quindi, ne tiene conto) al rapporto conclusivo del verificatore e alle eventuali controdeduzioni del progettista. In questo caso, non è indicato alcun limite di importo e, quindi, si tratta di un’attività che deve essere sempre svolta dal RUP. A differenza di quanto previsto nel previgente quadro normativo, il Codice non indica cosa accada nel momento in cui si crea una divergenza di opinioni tra verificatore e progettista, non ritenendo ammissibile che l’atto di validazione del progetto, essendo la validazione un elemento essenziale della lex specialis di gara, possa contenere una tale divergenza non sanata.
Chiarire le incompatibilità
L’art. 26, comma 8, del Codice, infatti, riproduce letteralmente i commi 1 e 3 dell’art. 55 del D.P.R. 207/2010, ma non il comma 2 che prevedeva: «In caso di dissenso del responsabile del procedimento rispetto agli esiti delle verifiche effettuate, l’atto formale di validazione o mancata validazione del progetto deve contenere, oltre a quanto previsto al comma 1, specifiche motivazioni. In merito la stazione appaltante assume le necessarie decisioni secondo quanto previsto nel proprio ordinamento». Peraltro, se il validatore deve comporre eventuali conflitti sorti tra verificatore e progettista ne dovrebbe conseguire che il soggetto che valida il progetto sia distinto da quello che ha realizzato la progettazione e da quello che ha proceduto alla successiva verifica. In sostanza, andrebbero chiarite anche in questo caso le eventuali incompatibilità del validatore e i casi in cui il validatore può eventualmente coincidere con il verificatore o, al limite, con il progettista.