Al primo posto c’è Menarini, con 3.500 milioni di euro di fatturato. Molto staccata, a quota 1.600, troviamo Chiesi, seguita a ruota da Bracco (1.360), Recordati (1.200) e Alfasigma (1.000). Sotto la soglia del miliardo viaggiano Angelini (850 milioni), Zambon (700), Italfarmaco (650), Kedrion (650) e Dompé (260). E’ questa la “top ten” delle aziende italiane del settore farmaceutico che emerge dai dati Farmindustria relativi al 2016. Molte sono aziende a conduzione familiare. La ricetta? Uno zoccolo duro di molecole di successo e una grande propensione al dinamismo e agli investimenti in ricerca e sviluppo e ad “aggredire” i mercati esteri. Molto ha fatto anche qualche alleanza strategica o cessione societaria, come nel caso dell’acquisto, da parte della milanese Dompé, della divisione pharma di Bracco. Ma questa è solo la “punta dell’iceberg” di un settore che, in Italia, si conferma attivissimo: sono più di 200 le aziende attive nel settore della produzione di medicinali e vaccini, e il 40% è capitale italiano. I dati 2015 parlano di un giro d’affari di circa 30 miliardi di euro/anno, di cui quasi tre quarti in export (in netta crescita, oltre il doppio rispetto alla media complessiva del settore industriale). Un mercato che, in UE, è secondo solo a quello tedesco. In tutto le aziende del settore impiegano 64mila addetti, in crescita dal 2013 di 2mila unità, con un investimento in R&S di 2,6 miliardi di euro all’anno. In grande crescita, come abbiamo più volte sottolineato, anche il “biotech”: attualmente sono circa 350 i prodotti in fase di sviluppo.