La legge di stabilità 2017, presentata lo scorso 15 ottobre, contiene un aumento del Fondo Sanitario Nazionale. Si registra dunque un trend in crescita con un incremento dal 2013 al 2017 pari ad un più 5,5% con 113miliardi stanziati per il 2017 e una previsione di 114miliardi per il 2018. Novità anche per la distribuzione della spesa che ora guarda specificatamente alle assunzioni del personale, ai nuovi farmaci e ai vaccini. Proprio dalle riflessioni sulla nuova legge di stabilità sono partiti i lavori del del 5° Health Care Summit, organizzato dal Sole 24 Ore, lo scorso 26 ottobre, che ha poi ampliato la discussione rivolgendo l’attenzione anche alla sostenibilità del SSN, all’innovazione nel pharma, alla nuova governance della spesa e all’innovazione digitale al servizio della salute e del paziente. Dal quadro tracciato dai diversi relatori che hanno colloquiato in un Talk condotto da Roberto Turno, Vice Direttore Sole24Ore Sanità, è emerso il quadro di quello che è oggi il Servizio sanitario nel nostro Paese che rimane, in un rapporto qualità di prestazione erogata/prezzo relativo al PIl nazionale, forse uno dei più tutelanti all’interno della comunità Europea, nonostante la percezione dei pazienti sembrerebbe discordante. Quando la discussione ha toccato il tema della gestione sanitaria le criticità sono emerse in particolare nel confronto tra pubblico e privato. I numeri hanno parlato chiaro evidenziando come la decrescita del finanziamento della spesa sanitaria e i piani di rientro delle regioni meno virtuose hanno creato disparità di servizi nelle diverse regioni. E se il privato mantiene una certa autonomia di gestione, qualche difficoltà in più la soffre la Pubblica Amministrazione che resta incagliata nell’applicazione del Codice dei Contratti e si muove ancora con macro tempi nelle sue attività di acquisto di beni e servizi. Una gara può infatti essere portata avanti in un arco temporale superiore anche ai 12 mesi, visto che l’utilizzo di denaro pubblico implica l’obbligo di percorsi lunghi e spesso farraginosi. A snellire tali processi dovrebbe ora venire in aiuto l’intervento della Centrali d’Acquisto che, secondo la FARE, rappresentata nell’incontro dalla sua Presidente Sandra Zuzzi: “(…) Stanno funzionando in maniera discontinua. Anche se è facile comprendere tutte le difficoltà che stanno affrontando perché chi più dei Provveditori può sapere che organizzare appalti di quelle dimensioni in tempio brevi, non è certo una cosa semplice. Il sistema sta tentando di risolvere delle criticità che sono oggettive. La vera innovazione degli acquisti però, secondo la nostra Federazione, non può e non deve risiedere solo nella semplice formula della centralizzazione: aggrego, metto in gara e acquisto, ma deve poter guardare al mercato cercando un confronto per condurre scelte mirate sullo specifico prodotto e sul servizio”. E’ stato Turno a chiedere, a questo punto, alla Presidente FARE un suo giudizio sulla Consip, ma la Zuzzi ha risposto facendosi portavoce di una richiesta della Federazione a Consip, quella cioè di organizzare un incontro con i Provveditori perché portatori di un know how prodotto in anni di esperienza nel settore. Ma se le Centrali d’Acquisto devono ancora calibrare la loro azione, anche nella Pubblica Amministrazione le problematiche permangono e la Presidente FARE ha voluto porre l’accento sulla qualificazione dei professionisti che dovrebbero essere destinati negli economati e nei provveditorati, auspicando una maggiore preparazione e nuove politiche nella gestione del personale che possano finalmente sostituire sistemi che fino ad oggi hanno fatto destinare in tali uffici, chiunque. Il Codice richiede espressamente la qualificazione delle stazioni appaltanti e quello che è stato auspicato è che tutto questo non resti solo un buon proposito ma determini l’avvio per la scelta di professionisti preparati e dedicati. Il blocco del turnover, che la nuova legge di stabilità dovrebbe finalmente rimuovere ha, per esempio, impedito ai giovani di portare negli uffici della Pubblica Amministrazione una ventata di professionalità nuova. Parlando di acquisti il discorso non poteva non tirare in causa anche l’ANAC che ha appesantito con procedure lunghe e ripetute il lavoro degli economati. “Tante cose potrebbero esser fatte in maniera un po’ più snella, ha sottolineato la Zuzzi, ad esempio a me capita di avere personale di livello che potrei impegnare in lavori preziosi atti a garantire il livello di contenuto dell’appalto merceologico e finalizzati all’efficienza dell’acquisto e invece devo impiegarli, per un tempo non indifferente, in attività di inserimento dati, ripetuti e ridondanti, che risulta essere dispersivo senza portare un reale valore aggiunto. Ci si rende infatti conto che l’eventuale analisi degli inserimenti difficilmente può fornire un quadro interessante e produttivo a chi non li conosce dall’interno. Non abbiamo nulla contro il sistema ANAC, anzi troviamo buono per noi professionisti che ci sia qualcuno che controllando possa, in un certo qual senso, validare il nostro lavoro tanto più che ogni volta che esce una legge di stabilità sembra che noi dobbiamo rimanere disoccupati anche se poi, in realtà, il lavoro aumenta vertiginosamente, soprattutto perché le formalità crescono a fronte di una evidente carenza di organico”.
EC