L’unico modo per cercare di garantire trasparenza e qualità negli appalti, in una parola per “moralizzarli”, è l’attenta selezione dei fornitori, vale a dire dei concorrenti delle gare ad evidenza pubblica. E soprattutto una corretta gestione delle fasi pre e post gara, ponendo attenzione da un lato sulle fasi di ammissione alla gara (non, ovviamente “pilotando” la concorrenza, ma ben utilizzando gli strumenti messi a disposizione dalla legge), dall’altro gestendo con rigore il controllo e la verifica dell’effettivamente svolto.
Questo è il nodo centrale di un’interessante riflessione di Marco Boni, recentemente pubblicata sul Sole 24 Ore Sanità, che “sfata anche il mito” della contrapposizione tra massimo ribasso e offerta qualità/prezzo, perché è ben vero che quest’ultima è in linea di principio preferibile, ma risulta altrettanto innegabile che poi, all’atto pratico, anche in caso di offerta economicamente più vantaggiosa, o formule simili, in fattura si può poi mettere semplice “aria fritta”.
Fuor di metafora: è possibile, in questo tipo di gara, presentare offerte con proposte qualitative anche elevate, salvo poi non svolgere il servizio e non rispettare le obbligazioni contrattuali. Boni riflette anche sulle forniture di beni, per i quali il Codice, e il relativo Correttivo 56/17, non permettono a suo dire un’attenta valutazione da parte della Pa acquirente, mortificando la progettualità interna poiché tipizzano le forniture su un modello essenzialmente pensato per i lavori.