Arriva la riforma del Codice dei Contratti. Cosa c’è di nuovo e soprattutto quando diviene efficace?

Il 2023 si apre all’insegna delle novità sul fronte della normativa degli appalti pubblici. A dire il vero non si ricorda un anno recente in cui non vi sia stato un intervento normativo nella materia, sia di iniziativa parlamentare, sia per decretazione d’urgenza da parte del Governo, ma questa volta ci troviamo dinnanzi ad una modifica più radicale del Codice dei Contratti.
Ma andiamo con ordine.
Tutto nasce dal PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che prevede un pacchetto di investimenti e riforme articolato in sei missioni. Il Piano promuove un’ambiziosa agenda di riforme, e in particolare, le quattro principali riguardano: pubblica amministrazione, giustizia, semplificazione e competitività. Tra le azioni che il Governo nel 2020/21 ha inserito nel piano vi era anche la riforma del Codice dei Contratti pubblici, nell’ottica di operare una razionalizzazione, riorganizzazione e semplificazione della disciplina vigente, nonché al fine di risolvere le procedure di infrazione aperte dalla Commissione Europea causate direttamente dall’erronea attuazione delle direttive del 2014 in materia di appalti pubblici. Per fare ciò è stato previsto un programma molto rigoroso che per struttura del PNRR deve essere rispettato in ogni sua scadenza, pena la perdita dei finanziamenti europei legati al Piano. Nel 2021 abbiamo avuto il primo tassello con l’approvazione del DL 77/2021, convertito con L 108/2021(anche noto come “decreto semplificazioni bis”), che ha introdotto le regole per la gestione del PNRR e degli affidamenti da esso derivanti. Nel 2022 il Parlamento ha approvato la legge n. 78/2022 che ha delegato il Governo ad emanare un Decreto Legislativo contenente la riforma del Codice dei Contratti, nell’ottica di farlo evolvere e renderlo più aderente agli obiettivi promessi all’Unione Europea. La legge aveva fissato al Governo la scadenza del 31.12.2022, quale termine ultimo per formulare il testo di riforma, ma la crisi dell’Esecutivo guidato da Mario Draghi, che ha portato ad elezioni anticipate, ha posto un grande interrogativo sul rispetto di tali tempistiche.
Questa ipotesi è stato scongiurata grazie all’intervento del Consiglio di Stato, che è stato messo in condizione dal Governo uscente di elaborare una bozza da sottoporre al nuovo Esecutivo che si sarebbe formato dopo l’appuntamento elettorale dell’autunno 2022. Ciò è stato possibile grazie al fatto che la legge delega prevedeva già questa eventualità. L’attività consultiva è divenuta di proposta tecnica legislativa, proprio per evitare che la maggioranza appena insediata non avesse il tempo tecnico per discutere e scrivere la riforma.
Una prova di pragmatismo invidiabile
Il lavoro effettuato dal Consiglio di Stato è stato così di livello che la bozza di Dlgs è stata approvata nel Consiglio dei Ministri del 16.12.2022, apportando lievi modifiche e rimandandolo alle verifiche pre-pubblicazione a cura delle Commissioni Parlamentari. Quest’ultima fase dovrebbe concludersi entro il 31.03.2023, con la pubblicazione del nuovo Decreto Legislativo che sostituirà l’attuale Dlgs 50/2016.

L’appropinquarsi di quella data pone negli operatori del settore molte domande e in questo primo articolo proveremo a dare risposta a quelle preliminari:

1) Cosa dobbiamo aspettarci da questa riforma?
Il testo approvato dal Consiglio dei Ministri ricalca, in massima parte, lo schema proposto dal Consiglio di Stato, che prevede una riorganizzazione generale del Codice dei Contratti. Questo si traduce in una ricollocazione degli istituti giuridici già presenti nel Dlgs 50/2016, nonché in un ampliamento e talvolta in una riformulazione di disposizioni già note o oggetto di pronunce giurisprudenziali degli ultimi 7 anni. Si tratta, tuttavia, di una riorganizzazione proprio perché le direttive comunitarie vigenti sono sempre le 2014/UE/23-24-25, quindi le disposizioni normative sovranazionali restano invariate nei contenuti e nella loro portata. Ciò significa che il contenuto del nuovo Decreto Legislativo non potrà essere innovativo in senso assoluto, proprio perché non cambia il quadro legislativo europeo che resta sempre quello del 2014, ma lo sarà sotto il profilo organizzativo della norma.
La legge delega avrebbe permesso la possibilità di mantenere lo schema dell’attuale Dlgs 50/2016, apportando modifiche mirate e questo approccio conservativo sarebbe stato certamente preferibile. Dobbiamo considerare che nel 2024 è previsto l’arrivo delle nuove direttive appalti, che dovranno essere recepite dal nostro Paese entro il 2026, anno in cui arriverà un nuovo Codice dei Contratti. E’ su questo aspetto che si dovrebbe fare una riflessione: cambiare integralmente il testo nel 2023, con tanto di ricollocazione degli istituti giuridici già noti, comporterà negli operatori interessati all’applicazione della norma quella maggiore insicurezza, che si crea ogni volta che c’è un cambio legislativo così radicale.

2) Le modifiche impatteranno solo sugli appalti legati al PNRR?
No riguarderà tutto l’impianto degli affidamenti. L’art. 226 comma 1 della bozza di riforma dice esplicitamente che il “ decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 è abrogato dal 1° luglio 2023”. Da ciò si desume che questa bozza sostituirà l’attuale Codice dei Contratti.
Tuttavia, è bene ricordare che l’art. 225, comma 7 della bozza prevede una norma specifica per le procedure di affidamento finanziate con risorse del PNRR e PNC, “si applicano, anche dopo il 1° luglio 2023, le disposizioni di cui al decreto-legge 31 n. 77 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 108 del 2021.”. Quindi il nuovo Codice sarà norma generale in materia di affidamenti pubblici, mentre il decreto semplificazioni bis resterà la norma contenente disposizioni particolari applicabili solo agli affidamenti finanziati con il PNRR e PNC.

3) Quando entra in vigore il nuovo Codice dei Contratti?
Sul punto bisogna fare un po’ di chiarezza perché la risposta è contenuta in diversi articoli della bozza di riforma, che, tuttavia, devono essere tra loro raccordati. Partiamo dall’art. 229, in quanto disposizione finale della bozza, dove al comma 1 si legge che il “codice entra in vigore, con i relativi allegati, il 1° aprile 2023.”. Se leggessimo questa disposizione da sola, dovremmo interpretarla con le parole dell’ultimo comma dell’art. 73 della Costituzione Italiana che prevede: “Le leggi sono pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso.”. La nostra Carta costituzionale prevede che una legge entri in vigore, ordinariamente, dopo 15 giorni dalla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, mentre in via straordinaria la legge può fissare un termine diverso, più breve o più lungo. Si tratta della c.d. vacatio legis, che è il periodo di tempo che intercorre dalla data di pubblicazione di una legge e la data di applicazione, fissata dalla norma stessa. Appare evidente che l’espressione “entra in vigore”, presente nel testo approvato dal Governo, è stata usata in maniera atecnica, perché in realtà dal1.04.2023 la bozza non prevede l’applicazione del nuovo Codice dei Contratti. Questa interpretazione è avvalorata dalla lettura congiunta dell’art. 229, comma 2 della bozza dove si legge che le disposizioni del codice, con i relativi allegati “acquistano efficacia il 1° luglio 2023”, unitamente all’art. 226 della bozza dove viene chiarito al comma 1 che il Dlgs 50/2016 “è abrogato dal 1° luglio 2023”, mentre al comma 2 si legge che “le disposizioni di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 continuano ad applicarsi esclusivamente ai procedimenti in corso.”. Le disposizioni appaiono arzigogolate e devono essere tra loro raccordate, riportandole alla terminologia utilizzata dalla Costituzione; il nuovo Codice dei Contratti verrà pubblicato entro il 01.04.2023, ma la sua entrata in vigore (con acquisizione di efficacia della norma) viene posticipata al 01.07.2023, per effetto della c.d. vacatio legis.

4) Ma se il Dlgs 50/2016 viene abrogato da 1° luglio 2023, le procedure e i contratti in esecuzione a tale data dovranno applicare il nuovo Codice dei Contratti?
Questo aspetto appare uno dei più controversi, sempre per un problema di terminologia utilizzata.
Per comprendere meglio consideriamo l’art. 216, comma 1 del Dlgs 50/2016 che prevede esplicitamente che il Codice dei Contratti “[…] si applica alle procedure e ai contratti per le quali i bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano pubblicati successivamente alla data della sua entrata in vigore […]”. La norma nella sua estrema semplicità chiarisce che il Codice dei Contratti si applica per tutte le procedure avviate a partire dalla data di entrata in vigore del Dlgs 50/2016, quindi tutti gli affidamenti avviati e/o affidati prima di tale data mantengono la precedente normativa. Nella bozza di riforma del Codice dei Contratti, all’art. 226, comma 1 si legge che “il decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 è abrogato dal 1° luglio 2023”. Il termine abrogazione è molto specifico, perché viene utilizzato quando una norma non fa più parte dell’ordinamento e, quindi, viene a mancare. Se si continua la lettura dell’art. 226 dopo aver parlato dell’abrogazione del Dlgs 50/2016, viene specificato al comma 2 che: “A decorrere dalla data in cui il codice acquista efficacia ai sensi dell’articolo 229, comma 2, le disposizioni di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 continuano ad applicarsi esclusivamente ai procedimenti in corso.”.
Quindi in realtà la terminologia non sembra essere stata utilizzata in maniera rigorosa, perché da un esame attento della bozza si comprende che l’attuale Codice dei Contratti verrà abrogato il 1° luglio 2023, ma solo ed esclusivamente per le nuove procedure avviate a partire da tale data. Quindi il Dlgs 50/2016 continuerà ad essere vigente ed applicabile a tutti i procedimenti avviati entro il 30 giugno 2023 e ciò nel rispetto del principio ordinamentale dell’avvicendamento normativo.

5) Con la riforma del Codice dei Contratti continueranno ad applicarsi il DL 76/2020 (“decreto semplificazioni”) e il DL 77/2021 (“decreto semplificazioni bis”)?
La domanda non è peregrina, in quanto le citate norme sono state emanate con l’intento di essere applicate entro un tempo determinato. In particolare il decreto semplificazioni era stato emanato come norma temporanea per semplificare gli acquisti nell’ottica di una recrudescenza della pandemia da COVID-19. Per tale ragione aveva introdotto un regime dedicato agli affidamenti sottosoglia, che aveva il compito di derogare le disposizioni in materia previste dal Dlgs 50/2016.
Il decreto semplificazioni bis, invece, contiene sia le disposizioni per la progettazione, affidamento ed esecuzione degli interventi finanziati, in tutto o in parte, con i fondi collegati al PNRR e al PNC, oltre ad alcune disposizioni di modifica del Codice dei Contratti.
Ebbene entrambe le normative vengono citate dalla bozza di riforma, che, tuttavia non le abroga nella loro totalità. Il DL 76/2020 viene mantenuto in massima parte, ma occorre fare attenzione a quanto previsto dall’art. 224, comma 3 della bozza di riforma dove si legge che l’art. 1, commi 1, 2 lett. a) e b), 3, 4 e 5, l’art. 2bis, l’art. 8 comma 1 ultimo periodo e l’art. 6 del decreto semplificazioni, cessano la loro efficacia “dalla data di entrata in vigore del codice” e, quindi, dal 1 aprile 2023. Ciò significa che il sistema derogatorio per gli affidamenti sottosoglia viene a mancare alla data della pubblicazione della riforma del Codice, perché all’art. 8 del decreto semplificazioni vengono soppresse le parole “e fino alla data del 30 giugno 2023”.
Questo si traduce in questa situazione:
a)Affidamenti sottosoglia avviati entro il 31.03.2023: affidamento diretto monopreventivo sino a 138.999€ e procedura negoziata per affidamenti da 139.000€ a 214.999€;
b)Affidamenti sottosoglia avviati dal 1.04.2023 al 30.06.2023: affidamento diretto monopreventivo sino a 39.999€ e affidamento diretto con almeno 5 preventivi (se esistenti) da 40.000€ a 214.999€;
c) Affidamenti sottosoglia avviati dal 01.03.2023: affidamento diretto monopreventivo sino a 138.999€ e procedura negoziata per affidamenti da 139.000€ a 214.999€.

Non si comprende il ragionamento posto in essere (non è ben chiaro se dal Consiglio di Stato o dal Governo), ma certamente non crea alcun beneficio cambiare in 3 mesi le modalità di affidamento nel sottosoglia. Non è comprensibile neppure la logica di eliminare il divieto di richiedere le cauzioni provvisorie per gli affidamenti diretti e vietare l’esclusione automatica delle offerte anomale in alcuni casi degli affidamenti sottosoglia, quando dal 1 luglio 2023 torneranno ad essere operativi e strutturali.
Il rischio che si corre è quello di creare molteplici regimi che rischiano di sovrapporsi, mandando in confusione tutti gli operatori del settore. L’interpretazione che si propone tiene conto dell’art. 229 della bozza, che indica l’entrata in vigore al 1° aprile 2023, anche se da un punto di vista costituzionale la nuova legislazione vige ed è efficace dal 1° luglio 2023. Avrebbe certamente aiutato una formulazione dell’art. 229 più semplice, come evidenziato nel precedente punto n. 3.

In questo primo assaggio preliminare della norma abbiamo capito che dal 1 aprile 2023 il mondo degli appalti non cambia radicalmente e che abbiamo qualche mese in più per studiare una riforma, che appare molto radicale.
Forse non innovativa in senso assoluto, ma certamente più razionale e ponderata rispetto all’attuale Dlgs 50/2016.
Se avrete piacere di seguirmi, continueremo gli approfondimenti normativi nei prossimi numeri della rivista.

di Riccardo Bond – Avvocato Specialista in contrattualistica pubblica – Legal Specialist & Compliance presso IHS srl

Tratto da TEME 1-2/2023

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