Crisi energetica e lavanderie industriali

Prima la pandemia, ora i rincari energetici esasperati dal conflitto in Ucraina. Nella tempesta perfetta che coinvolge da marzo 2020 imprese e risparmiatori, il settore dell’outsourcing e dei servizi ospedalieri non si è mai fermato, garantendo supporto a medici e pazienti nonostante le difficoltà operative e i costi energetici più che raddoppiati.

Di Chiara Peterlini
Quando a Marzo 2020 il mondo che conoscevamo è cambiato e ci siamo trovati a far fronte alla più grande emergenza di questo secolo, le lavanderie erano lì. Contro la paura e l’incognito, siamo andati avanti guidati da uno scopo più alto: continuare a fornire il servizio, garantire il supporto a medici, operatori e pazienti in un momento difficile e buio, senza fermarci mai.

Dopo due anni, benché la pandemia da Covid-19 sembri essere sotto controllo, siamo di fronte a una nuova emergenza causata dall’aumento incontrollato dei prezzi dell’energia, del gas e delle materie prime, aggravato anche dal recente conflitto in Ucraina, che rischia di rendere il business delle lavanderie industriali insostenibile dal punto di vista economico.

Ci troviamo dunque in una situazione al limite: da un lato un servizio essenziale e indifferibile, dall’altro l’insostenibilità economica nel continuare a fornirlo.

Lavanderia Industriale: impresa ad alto consumo energetico

Vengono denominate imprese “energivore” tutte quelle aziende che presentano elevati consumi di energia elettrica e un importante impatto dei costi energetici sul bilancio.

Dopo l’introduzione del Decreto del 21/12/2017, per essere considerata energivora, un’impresa deve avere un consumo annuo di energia elettrica maggiore o uguale a 1 GWh/anno.
La normativa vigente prevede alcune importanti agevolazioni per le imprese che vengono riconosciute nella definizione di energivore a seguito di valutazione da parte della CSEA (Cassa Servizi Energetici e Ambientali). A seguito di questa classificazione, con il Decreto Sostegni Ter, il governo Draghi ha previsto interventi mirati e diretti a favore di queste aziende, grazie a un pacchetto destinato alla mitigazione del caro energia per le imprese produttive maggiormente esposte all’aggravio dei costi.

Ma dove si collocano le lavanderie industriali in questo quadro?
Chiunque sia entrato almeno una volta in una lavanderia industriale, sa quanto sia rilevante l’aspetto energetico per le attività produttive che vi si svolgono. Mediamente, uno stabilimento comprende impianti come generatori di vapore, lavacontinue, lavacentrifughe, essiccatoi, mangani ecc. che necessitano di notevoli quantità di gas naturale e energia elettrica.
Per dare un ordine di grandezza, il Gruppo Servizi Italia nel corso del 2021 ha consumato soltanto sul territorio italiano circa 18,9 GWh di energia elettrica.

Lavanderie industriali: un servizio indifferibile, ma a quale costo?

“Lavoriamo con un solo obiettivo: prenderci cura degli altri. È questo modo di pensare e credere che ci ha condotto in questi anni e ci ha indicato la via durante l’emergenza”, dice Andrea Gozzi, Direttore Generale di Servizi Italia.

Il cittadino, nelle figure di operatori sanitari e pazienti, è infatti sempre al centro del servizio fornito dal Gruppo, “ma ora la buona volontà e lo spirito di abnegazione non bastano più. Non si può pensare di mettere sulle spalle dell’impresa privata tutto lo sforzo e la fatica per tenere l’equilibrio fra la situazione contingente e la fornitura di un servizio di prima necessità”, continua Gozzi.

Lo squilibrio di questa situazione risulta ancora più evidente se vengono prese in considerazione alcune tipicità di questo mercato: le lavanderie industriali come Servizi Italia dipendono quasi totalmente dai contratti in essere con strutture sanitarie pubbliche, aggiudicati tramite gara d’appalto, in momenti in cui i costi energetici erano decisamente più bassi e per i quali non è prevista alcuna indicizzazione relativa alle commodities.

Questo comporta un evidente scollamento tra l’andamento reale del mercato e i contratti in essere, con il paradosso che oggi enti e strutture sanitarie stanno usufruendo di servizi privati a un prezzo che per l’azienda non è più sostenibile. Il forte aumento dei costi e la difficoltà nel trasferire ai clienti questi rincari, si traduce per le imprese si traduce nella compressione, e in alcuni casi nell’azzeramento, dei margini operativi.

Secondo Assosistema, l’associazione confindustriale del settore, in assenza di un intervento da parte del Governo che includa anche le lavanderie industriali negli interventi di sostegno, siamo di fronte al rischio concreto di gravi ripercussioni sul sistema sanitario, con una riduzione dei servizi di circa il 50% e, di conseguenza, anche sulla salute dei cittadini e nella lotta alla diffusione del Covid.

Quello del lavanolo è uno dei settori maggiormente a rischio e se il servizio dovesse davvero affrontare una riduzione, questa sarebbe quantificabile in 110 mila posti letto in meno, non più garantiti perché privi dei materiali tessili, lenzuola, camici, per non parlare degli strumentari chirurgici per gli interventi, forniti dalle aziende come Servizi Italia.

“Il nostro comparto industriale – conclude Andrea Gozzi – registra elevati consumi sia di energia elettrica che di metano, che ci pongono di fatto tra i settori a maggior consumo di energia d’Italia. Governo e Regioni devono agire subito e ricomprendere la nostra filiera tra i beneficiari di sostegni e sgravi economici. È nell’interesse di tutti, perché il nostro lavoro quotidiano contribuisce alla garanzia della salute e dell’assistenza sanitaria di ogni cittadino”.

Servizi Italia auspica dunque un’azione congiunta da parte di Governo e Regioni, affinché si trovi una soluzione condivisa, concreta e velocemente percorribile nell’interesse di tutti, trattandosi – in ultima istanza – del contribuire, seppur indirettamente, alla garanzia della salute e dell’assistenza sanitaria di ogni cittadino.

 

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