È finita al fotofinish, con tanto di cardiopalmo e di occhi incollati agli schermi dei pc fino al tardo pomeriggio di lunedì 20 novembre.
Purtroppo la grande avventura della nuova sede dell’Ema, l’Agenzia Europea del Farmaco rimasta senza dimora all’indomani della Brexit (l’headquarter era a Londra) è andata male per noi: e non certo perché la proposta di Milano fosse peggiore di quella di Amsterdam, Copenhagen, Barcellona o Bratislava.
Il sorteggio
Il fatto è che le regole stabilite ai piani alti, e l’impossibilità di trovare accordi decisivi, hanno fatto sì che per dirimere la questione, alla fine, si sia ricorso al metodo più antico (e meno meritocratico) del mondo: il sorteggio, che nella fattispecie ha premiato Amsterdam dopo che Milano, va detto, era rimasta in testa alla classifica per le prime tornate di votazioni.
Votazioni
Il capoluogo lombardo, infatti, era arrivato saldamente in testa al turno finale: alla prima votazione i numeri dicevano 25 preferenze a Milano contro i 20 di Amsterdam e Copenhagen.
Alla seconda i nostri voti erano 12, davanti ai 9 di Amsterdam e ai 5 della capitale danese, che è stata così eliminata. Ma i votanti erano solo 26, perché nel frattempo la Slovacchia aveva preferito fare un passo indietro.
Così alla terza votazione il risultato si è inchiodato sul 13 pari, e quando si è arrivati alle due buste la sorte ha preferito “l’altra”.
Qualcuno sta già parlando di beffa, qualcuno di tradimento (nella fattispecie spagnolo), quasi tutti si chiedono, fra un sospetto e una dietrologia, come abbiamo fatto a non raggiungere i fatidici 14 voti necessari ad evitare l’incontro-scontro con la dea bendata.
Secondo i calcoli italiani non sarebbe dovuta andare così, ma adesso è inutile recriminare, anche se colpisce, e resterà cosa su cui riflettere, il fatto che si sia messo in palio un giro da miliardi di euro (solo l’indotto avrebbe sfiorato i 2) come se fosse questione di “palla o campo” in una partita di calcio.
Di sicuro, infatti, c’è che con il sogno Ema se ne vanno anche ghiottissime opportunità: stando ai dati Farmindustria, infatti, in Italia la produzione, sviluppata da oltre 200 aziende di medicinali e vaccini, si aggira intorno ai 30 miliardi, con 64mila persone impiegate direttamente nel settore e 2,7 miliardi di investimenti ogni anno.