Il Green Public Procurement: definizioni, evoluzione normativa ed aspetti procedurali

Il Green Public Procurement
A livello comunitario si inizia a parlare di GPP – Green Public Procurement o acquisto verde pubblico –nel Libro Verde sulla politica integrata di prodotti del 1996.
La Commissione UE, inizialmente, suggeriva l’applicazione del GPP da parte di tutte le istituzioni pubbliche deputate agli acquisti.
L’intento era quello di stimolare una domanda pubblica di beni, servizi e lavori a ridotto impatto ambientale per imprimere sviluppo ai loro mercati. Ciò al fine di spronare le istituzioni pubbliche, acquirenti e consumatori di rilievo in ambito UE, ad acquistare beni, servizi e lavori a basso impatto e, quindi, di orientare i loro acquisti verso prodotti ambientalmente più sostenibili. Il GPP, così come era stato ideato, avrebbe promosso tutte quelle condizioni atte a favorire la diffusione di modelli di produzione e consumo sostenibili. Giova ivi ricordare, i rapporti intercorrenti tra una domanda incisiva come quella pubblica e l’offerta proveniente dagli operatori economici privati. La domanda pubblica di beni, essendo di notevole entità, detta prescrizioni “verdi” all’offerta privata. Quest’ultima deve adeguarsi ai vincoli ambientali dettati dalla domanda pubblica che, pertanto, rappresenta il volano di un “economia verde” anche nei rapporti tra privati. In altre parole l’operatore economico che deve fornire beni “verdi” alla PA, per rispettare i vincoli di sostenibilità che essa gli impone, dovrà, a sua volta, acquistare materie prime “verdi” dalle altre economie private. Solo per fare un esempio: l’operatore privato, che deve fornire alla PA mobili d’ufficio sostenibili per rifornirsi del legno occorrente alla loro realizzazione, dovrà rivolgersi ad un’impresa che fornisce, a sua volta, un legno considerato sostenibile e, quindi, proveniente da un ecosistema che, seppur sfruttato per soddisfare le esigenze umane del momento, viste le sue caratteristiche di sostenibilità, può ancora essere impiegato per far fronte alle esigenze future che, così, non risultano essere definitivamente compromesse. Nell’esempio in esame l’ecosistema sostenibile è rappresentato dalla foresta dove gli alberi abbattuti vengono regolarmente sostituiti per evitare il disboscamento e, quindi, la conseguente sovrapproduzione di C02 e cioè di uno dei cd. “gas ad effetto serra” che portano, inevitabilmente, al surriscaldamento degli habitat terrestri e a tutti quei fenomeni atmosferici catastrofici che da esso dipendono. Giova evidenziare, altresì, che una domanda pubblica di prestazioni sempre più “verdi” spinge le imprese – soprattutto quelle esposte alle problematiche ambientali – ad educare i propri manager alla sostenibilità della loro offerta. La “formazione verde” ovvero la formazione sulla sostenibilità delle produzioni e dei consumi, oltre a creare un contesto professionale più attento all’ambiente, consente di rafforzare l’immagine nonché di aumentare le opportunità di mercato, la competitività e, quindi, la redditività delle imprese che la perseguono.

La Green Economy
L’acquisto di prestazioni ad impatto ridotto ha favorito, nel tempo, lo sviluppo della “Green Economy “e cioè di un’economia che, facendo ricorso alle energie rinnovabili, alla riduzione dei consumi energetici e al riciclaggio dei rifiuti, permette la riduzione dell’impatto ambientale. Perché la diminuzione dell’impatto favorisce lo sviluppo sostenibile? Anche se a breve e medio termine la messa in atto di tutte le misure atte a ridurre gli impatti generati dalle varie produzioni, a causa degli investimenti occorrenti alla loro realizzazione, riduce il PIL, nel lungo periodo, aumentando la resa di tutte quelle attività che traggono beneficio dalla buona qualità dell’ambiente (pesca, agricoltura, turismo, salute, etc.), lo incrementa. La Green Economy, contrapponendosi all’Economia di Mercato, cioè a quel modello economico teso a capitalizzare gli investimenti, già, nel breve periodo consente, quindi, di creare occupazione “verde”, di prevenire e ridurre l’inquinamento, di razionalizzare i consumi della PA e di contrastare il riscaldamento globale con tutte le conseguenze che questo produce sull’ambiente (ondate di calore, siccità, incendi boschivi, scioglimento dei ghiacciai, innalzamento del livello del mare, cicloni tropicali, precipitazioni intense, inondazioni, smottamenti dei terreni, diminuzione delle
disponibilità idriche, minore resa delle colture, perdita della biodiversità etc.).

Definizione ed evoluzione normativa dei principali strumenti in materia di diritto ambientale degli appalti
Per quanto innanzi, la Commissione Europea con apposita comunicazione – COM. 2003/302 – invitava gli Stati Membri ad adottare misure e azioni di sostegno per gli appalti pubblici sostenibili da raccogliere all’interno dei cd. “Piani d’Azione Nazionali” sul GPP. Ciò al fine di garantire la massima diffusione
di un approccio, il GPP appunto, come “uno strumento cardine della Politica Integrata dei Prodotti”. Nel 2004 la Commissione UE al fine di accelerare l’implementazione del GPP quale “approccio in base al quale le Amministrazioni Pubbliche integrano i criteri ambientali in tutte le fasi del processo di acquisto, incoraggiando la diffusione di tecnologie ambientali e lo sviluppo di prodotti validi sotto il profilo ambientale, attraverso la ricerca e la scelta dei risultati e delle soluzioni che hanno il minore impatto possibile sull’ambiente lungo l’intero ciclo di vita”, ha pubblicato un manuale, il “Buying Green”, che ha illustrato tutti gli strumenti suggeriti dal legislatore europeo per aumentare il numero degli acquisti “verdi” (PC a basso consumo energetico, arredi prodotti con materie prime sostenibili, carta riciclata, veicoli elettrici, ibridi o a basse emissioni, lavori per la realizzazione/ riqualificazione energetica degli uffici etc.). La COM 2008/397 “Piano d’azione per il Consumo la Produzione Sostenibili e la Politica Industriale Sostenibile” ha, poi, qualificato il Green Public Procurement come il principale strumento della strategia europea su “Consumo e Produzione Sostenibile”.
Il GPP, inizialmente considerato uno strumento di politica ambientale volontario, viene oggi definito come “uno strumento di politica ambientale che intende favorire lo sviluppo di un mercato di prodotti e servizi a ridotto impatto ambientale attraverso la leva della domanda pubblica, contribuendo, in modo determinante, al raggiungimento degli obiettivi delle principali strategie europee come quella sull’uso efficiente delle risorse o quella sull’Economia Circolare” che consente di perseguire i seguenti obiettivi:

• Riduzione degli impatti ambientali;
• Tutela e miglioramento della competitività delle imprese;
• Stimolo all’innovazione;
• Razionalizzazione della spesa pubblica;
• Diffusione di modello di consumo e di acquisto sostenibili;
• Efficienza e risparmio di risorse naturali, in particolare dell’energia;
• Riduzione quantitativa dei rifiuti prodotti;
• Riduzione dell’uso di sostanze pericolose;
• Integrazione delle considerazioni ambientali nelle altre politiche dell’ente;
• Miglioramento dell’immagine della pubblica amministrazione;
• Accrescimento delle competenze degli acquirenti pubblici.

Il termine “impatto ambientale” è definito, nel Regolamento EMAS, come “qualunque modifica dell’ambiente, negativa o positiva, derivante in tutto o in parte dalle attività, dai prodotti o dai servizi di un’organizzazione”.
Per beni ad impatto ridotto si intendono tutti quei prodotti, che durante tutto il loro ciclo di vita (dalla fase dell’estrazione di materiali occorrenti per la loro realizzazione a quella loro progettazione, produzione, utilizzo e smaltimento/riciclo) contribuiscono a modificare negativamente l’ambiente, in almeno una delle
sue componenti (acqua, aria e suolo), in modo ridotto.
Per ottenere un prodotto ad impatto ridotto e, quindi, ecologico e sostenibile, occorre migliorarne i processi e le tecnologie di produzione. Tali beni sono da scegliere per una serie di considerazioni. Sono sicuramente da preferire tutti quei beni che per funzionare hanno bisogno di minor energia e risorse (acqua, terre rare etc.) o di energia pulita. Altre tipologie su cui porre attenzione, al fine di salvaguardare l’ambiente, sono i beni costruiti con materiali riciclati e/o che non contengono sostanze nocive, quelli che hanno una maggiore durata e quelli più facilmente riciclabili. L’Italia è stato il primo Paese che ha imposto l’obbligo di applicazione del GPP per le
stazioni appaltanti. Per tutte le considerazioni innanzi esposte, gli appalti pubblici verdi sono divenuti sempre più frequentemente parte delle molteplici politiche e strategie ambientali concordate in ambito UE.

A seguito di delega conferita al Governo dall’art. 1, comma 1126, della L. 296/2006 (Finanziaria per il 2007), con Decreto Interministeriale del 11.04.2008, è stato adottato in Italia il Piano d’azione Nazionale sul Green Public Procurement, in breve PAN GPP. Quest’ultimo provvedimento e le sue successive edizioni hanno comportato la graduale adozione, da parte del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, di tutta una serie di Decreti concernenti i CAM – Criteri Ambientali Minimi – per le categorie (merceologie) di beni, servizi e lavori che si sono ritenute a maggior impatto ambientale. I CAM, quali requisiti definiti per le varie fasi del processo di acquisto, se previsti nella lex specialis di gara, consentono di selezionare quegli operatori economici che meglio si distinguono per gli interessi ambientali e sociali che perseguono. Le PP.AA. devono, dunque, agire per realizzare un acquisto efficace dal punto di vista prettamente tecnico, efficiente dal punto di vista economico e sostenibile dal punto ambientale oltre che sociale. L’art. 68bis del D.lgs. n. 163/2006 e s.m.i. – disposizione introdotta nel nostro ordinamento dall’art. 18, comma 1, della Legge n. 221/2015 – e l’art. 34 del D.lgs. n. 50/2016 e s.m.i. hanno imposto il rispetto dei CAM.
Il D.lgs. n. 163/2006 – codice degli appalti, ormai superato, adottato in attuazione delle Direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE – all’art. 68 bis recante “Applicazione di criteri ambientali minimi negli appalti pubblici per le forniture e negli affidamenti di servizi” ha disposto, infatti, che:
• comma 1 – “Nell’ambito delle categorie per le quali il Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione… prevede l’adozione dei criteri ambientali minimi, …. è fatto obbligo, per le pubbliche amministrazioni, ivi incluse le centrali di committenza, di contribuire al conseguimento dei relativi obiettivi ambientali, coerenti con gli obiettivi di riduzione dei gas che alterano il clima e relativi all’uso efficiente delle risorse…. , attraverso l’inserimento, nella documentazione di gara pertinente, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei sottoindicati decreti, relativi alle seguenti categorie di forniture e affidamenti……..”

Il D.lgs. n. 50/2016 – primo codice degli appalti, anch’esso superato, adottato in attuazione delle Direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE – all’art. 34 rubricato “Criteri di sostenibilità energetica e ambientale.” ha disposto che:
• comma 1 – “Le stazioni appaltanti contribuiscono al conseguimento degli obiettivi ambientali previsti dal Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione attraverso l’inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi adottati con decreto del Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare”
;
• comma 2 – “I criteri ambientali minimi definiti dal decreto di cui al comma 1, in particolare i criteri premianti, sono tenuti in considerazione anche ai fini della stesura dei documenti di gara per l’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell’art. 95, comma 6…”;
• comma 3 – “L’obbligo di cui ai commi 1 e 2 si applica per gli affidamenti di qualunque importo, relativamente
alle categorie di forniture e di affidamenti di servizi e lavori oggetto dei criteri ambientali minimi adottati
nell’ambito del citato Piano d’azione”.
L’obbligatorietà dei CAM è stata confermata dal D.lgs. n. 36/2023, codice degli appalti, oggi in vigore, adottato, anch’esso, in attuazione delle Direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE. Tale decreto, al comma 2 dell’art. 57 avente ad oggetto “Clausole sociali del bando di gara e degli avvisi e criteri di sostenibilità energetica e ambientale” prevede, infatti, che: “Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti contribuiscono al conseguimento degli obiettivi ambientali….attraverso l’inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi, definiti per specifiche categorie di appalti e concessioni, differenziati, ove tecnicamente opportuno, anche in base al valore dell’appalto o della concessione…Tali criteri, in particolare quelli premianti, sono tenuti in considerazione anche ai fini della stesura dei documenti di gara per l’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa…
L’obbligatorietà dei CAM si inquadra nel contesto più ampio del diritto alla difesa dell’ambiente. Il diritto ad avere un ambiente salubre, prima dell’ultima riforma avutasi con legge costituzionale n. 1/2022, era garantito, in modo implicito, dalla Costituzione. Il fondamento costituzionale di tale diritto si rinveniva soprattutto nell’art. 32 che, al comma 1, affida alla Repubblica la tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività. L’ambiente, secondo dottrine ormai consolidatesi, verrebbe indirettamente tutelato perché la sua salubrità garantirebbe l’integrità fisica e la vita dei cittadini. Tra i due diritti esisterebbe, quindi, un rapporto di complementarietà. Si può, dunque, asserire che in mancanza di una tutela ambientale non si può assicurare il diritto alla salute così come consacrato nella nostra carta costituzionale.
Parte della dottrina1, oltre a reputare l’ambiente come un bene di interesse generale della collettività, ritiene che il relativo diritto sia da annoverare tra i diritti soggettivi della personalità da collocare, come il diritto alla salute, tra i diritti fondamentali e inviolabili dell’uomo.
Per garantire il diritto alla salute in tutte le condizioni in cui si svolge la vita di una persona, occorre tutelare l’ambiente come elemento determinativo della vita e come “valore primario assoluto “2. La necessità di garantire a tutti i cittadini il diritto ad un ambiente salubre, a prescindere dal loro diritto alla salute, oltre al pullulare di numerose norme, anche in ambito UE ed extra UE, concernenti la difesa dell’ambiente, ha comportato la riforma della nostra carta costituzionale. Tale riforma, avutasi, come detto, con legge costituzionale n. 1/2022, è stata attuata per scolpire all’interno della carta un fondamento giuridico specifico anche per il diritto ambientale. A questo punto meritano di essere menzionate le nuove disposizioni costituzionali. La prima – il comma 3 dell’art. 9 aggiunto dall’art. 1 della suddetta legge costituzionale – recita che la Repubblica “Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni...”. La seconda e la terza – i commi 2 e 3 dell’art. 41 modificati dall’art. 2 – dispongono, rispettivamente, che l’iniziativa economica “Non può svolgersi in contrasto con la utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana” e che “La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali”.
Per il TAR Lazio3 , la lex specialis di gara priva delle specifiche tecniche, delle clausole contrattuali e dei criteri premiali imposti dai Decreti CAM, in quanto illegittima, deve essere impugnata tempestivamente o, comunque, entro il termine massimo di 30 (trenta) giorni decorrenti dalla sua pubblicazione. Non è, quindi, possibile impugnare i provvedimenti di aggiudicazione che ne conseguono. Ciò perché la condotta del concorrente non vincitore che impugna un provvedimento di aggiudicazione e che percepisce, sin dalla data di pubblicazione del bando gara, la mancanza, all’interno del bando stesso, delle prescrizioni ambientali imposte dai CAM, oltre a non essere coerente, si pone in contrasto con il dovere di leale collaborazione e con i principi di economicità dell’azione amministrativa e di legittimo affidamento. Per i giudici amministrativi il concorrente non deve attendere la mancata aggiudicazione della gara in suo favore per impugnare quel bando che, seppur non contenendo clausole che avrebbero impedito la formulazione delle offerte (cd. cause escludenti), risultava essere illegittimo sin dalla data della sua pubblicazione. La giurisprudenza consolidatasi nel tempo ha precisato, inoltre, che l’obbligo di rispettare i CAM , seppur non previsto dalla stazione appaltante, per il meccanismo della eterointegrazione, entra automaticamente a far parte della documentazione di gara.
La violazione dei CAM può, inoltre, essere segnalata all’ANAC che, secondo quanto previsto dall’art. 222 del
D.lgs. n. 36/2023, può intervenire in qualità di Autorità competente a monitorarne l’applicazione.

I Criteri Ambientali Minimi e le procedure da seguire per assicurarne l’obbligatorietà
Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, per ogni bene, servizio o lavoro che, anche sulla scorta delle indicazioni dettate dall’ UE, si ritiene impattante ha adottato un Decreto contenente CAM specifici da dover obbligatoriamente inserire nei bandi di gara. I CAM, seppur diversi per ogni merceologia, presentano una struttura di base comune costituita dalle seguenti partizioni: le modalità di selezione dei fornitori, la determinazione delle clausole contrattuali, le specifiche tecniche e i criteri premianti. Occorre precisare, inoltre, che non è sufficiente inserire i CAM nei documenti di gara. E’, infatti, necessario verificare che, in fase esecutiva, l’aggiudicatario dell’appalto metta in atto tutte quelle azioni e quegli accorgimenti per far sì che le sue prestazioni vengano espletate in conformità a quanto disposto dai CAM. Occorrerebbe prevedere, altresì, delle penali specifiche da applicare in caso di mancato rispetto dei CAM. Per completezza espositiva, vengono, di seguito, riportati i Decreti di approvazione e le denominazioni sintetiche di tutti i CAM attualmente in vigore con la descrizione delle prestazioni per le quali i CAM stessi sono stati adottati:

I suddetti CAM, ricorrendo i presupposti per la loro applicazione, devono essere obbligatoriamente inseriti nella documentazione di gara. Se, ad esempio, si deve predisporre la documentazione relativa ad un appalto che ha per oggetto il servizio di gestione e manutenzione del verde pubblico, nella sua stesura si deve tener conto di quanto all’uopo previsto dal DM n. 63/2020 e cioè di:

• Criteri di selezione dei candidati da prevedere facoltativamente all’interno del disciplinare di gara. Se si prevedono tali criteri, occorre chiedere a tutti i partecipanti di possedere delle specifiche competenze tecnico – professionali (ad es: possesso della qualifica di manutentore verde da parte del titolare dell’impresa o di un suo preposto) e un ‘esperienza professionale maturata, negli ultimi tre anni decorrenti dalla data di pubblicazione del bando, in servizi analoghi espletati regolarmente a favore di enti pubblici o privati. Per servizi analoghi si intendono tutti quei servizi manutentivi con caratteristiche analoghe a quelli posti a gara in termini di
dimensione delle aree verdi;
• Specifiche tecniche da prevedere obbligatoriamente all’interno del Capitolato. Ogni concorrente deve proporre in offerta un” piano di gestione e manutenzione basato sul censimento dell’area oggetto dell’appalto …. Al fine di rendere le attività di manutenzione più efficaci e coerenti con le esigenze specifiche del territorio”;
• Clausole contrattuali da prevedere obbligatoriamente, all’interno di uno schema di prescrizioni esecutive.

Ogni concorrente, quando partecipa ad una procedura di gara, sa così che, se mai diventerà aggiudicatario della stessa, verrà chiamato a sottoscrivere un contratto che prevede clausole per la salvaguardia dei trattamenti economici-normativi stabiliti dalla contrattazione collettiva di settore (cd. clausole sociali che di regola vengono stabilite anche per la salvaguardia occupazionale delle maestranze già impiegate nel servizio), per la salute e la sicurezza dei lavoratori, per la buona conduzione delle attività appaltate (possesso di qualifiche e abilitazioni professionali da parte del personale, formazione e aggiornamento professionale del personale impiegato nell’appalto, coinvolgimento attivo dei portatori di interesse, etc.), per il reimpiego dei residui organici generati dagli interventi di manutenzione ordinaria, per il rispetto della flora e della fauna, per favorire l’aumento della biodiversità locale, per ridurre sprechi (ad es. monitoraggio degli impianti di irrigazione per ridurre gli sprechi d’acqua) e impatti ambientali;
• Criteri premianti da prevedere all’interno dei disciplinari e/o dei capitolati predisposti per tutte quelle procedure che si intendono aggiudicare secondo il miglior rapporto qualità prezzo ovvero con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa previsto all’art. 108, comma 2, del D.lgs. n. 36/2023. In questo caso, per far sì che l’appalto si possa definire “verde” e, quindi, conforme alle prescrizioni ambientali, occorre prevedere all’interno della documentazione di gara almeno uno dei seguenti criteri premianti: impegno ad eseguire attività educative rivolte alle scuole etc.; impegno ad impiegare, per una percentuale minima e a determinate condizioni, personale appartenente alle categorie di lavoratori svantaggiati; possesso di certificazioni ambientali (certificazione UNI EN ISO 14001 o registrazione EMAS secondo il regolamento comunitario n. 1221/2009); impegno a ridurre l’incidenza dei trasporti e, pertanto, i consumi e le emissioni ad essi correlati; impiego di autoveicoli a basse emissioni; utilizzo di attrezzature a basso impatto; cura delle piante con l’applicazione di metodi fisico-meccanici; impegno ad aggiornare il livello di censimento del verde, già, posseduto dalla stazione appaltante; impegno a valorizzare il materiale residuale generato dalle attività manutentive.

di Mauro Saccucci – Collaboratore Amministrativo Professionale ASL Frosinone – Tratto da TEME 5-6/2024

NOTE

1 M. Comporti, Tutela dell’ambiente e tutela della salute, in Rivista Giuridica dell’Ambiente, 1, 1990, p. 196.
2 Corte Costituzionale nn. 210 e 640 del 1987 e n. 127 del 1990.
3 Tar Lazio -sez. II ter – nn. 4493, 4494 e 4495 del 06.03.2024.

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