di Enza Colagrosso
Appalti, spesa sanitaria, politiche del farmaco e, ancora una volta, il Codice dei contratti che cambia: questi i temi del IX MePaIE (Mercato Pubblica amministrazione Italia Europa) 2018 che si è svolto anche quest’anno a Cremona.La manifestazione, organizzata di Net4market – CSAmed ha, da questa edizione, scelto di affrontare un tema specifico alla volta, alternando un’edizione destinata agli acquisti della sanità ad una relativa a quelli della pubblica amministrazione. Questo per dare corso agli accordi con la Federazione degli economi e dei provveditori della Sanità (Fare) che ha deciso di riconoscere il MePaIE come momento di incontro federativo, tra tutti i suoi iscritti, da alternare all’appuntamento congressuale che celebra ogni due anni.
La spesa sanitaria, che in Italia arriva ad incidere tra il 7 e il 10% sul prodotto interno lordo, è stato il leitmotiv del congresso. Il MePAIE ha seguito, negli anni, l’evoluzione dell’organizzazione della spesa pubblica, le promesse di obiettivi molto ambiziosi e gli strumenti normativi di volta in volta messi a disposizione. La grande trasformazione in atto ormai da più un decennio è la progressiva centralizzazione alla ricerca di economie di scala (prezzi più bassi) e dell’annullamento della corruzione. Oggi stiamo vivendo un’ulteriore fase di questo percorso con la presenza di vari soggetti concentratori della domanda (Consip, Centrali di committenza regionali, Aziende uniche o consorziate, Cuc ecc. ecc.).
Gli interrogativi ai quali si è cercato di dar risposta, durante i lavori, riguardano il bilancio tra costi e benefici di questa scelta, un tema che anima sempre le platee.
Purtroppo la mancanza di dati corretti e di un’analisi scientifica non fornisce parametri attendibili per una sintesi operativa. La causa è nell’origine stessa dei dati, forniti direttamente dai soggetti interessati dalla valutazione. È ovvio che esiste, quindi, un vizio di forma che ne mina l’attendibilità. Per fare una riflessione adeguata bisognerebbe incidere sulla struttura primaria che regola e supervisiona la governance del mercato. Ad oggi però anche organizzazioni istituzionali che dovrebbero essere super partes non hanno dimostrato di poter dare un contributo significativo alla risoluzione di questo problema.
Anche per questo, il MePaIE ha iniziato la collaborazione con la Fondazione Gimbe, che da anni sta lavorando in questo senso, cercando di rilevare dati in modo scientifico nel rispetto dell’autonomia degli operatori e con uno sguardo esterno al mercato.
Al MePAIE, la Fondazione Gimbe (Gruppo italiano Medicina basata sulle evidenze) ha presentato i suoi dati sugli sprechi in sanità. Secondo il rapporto per l’anno 2017, sul consuntivo di € 113,599 miliardi di spesa sanitaria pubblica Gimbe stima sprechi e inefficienze per € 21,59 miliardi, con un margine di variabilità di più o meno il 20%. Sono sei le categorie individuate a rischio sprechi che erodono preziose risorse:
1) sovra-utilizzo di servizi e prestazioni sanitarie inefficaci o inappropriate (€ 6,48 mld),
2) frodi e abusi (€ 4,75 mld),
3) acquisti a costi eccessivi (€ 2,16 mld),
4) sotto-utilizzo di servizi e prestazioni efficaci e appropriate (€ 3,24 mld),
5) complessità amministrative (€ 2,37 mld),
6) inadeguato coordinamento dell’assistenza (€ 2,59 mld).
Durante il MePaIE è stata proposta un’analisi del mercato del farmaco, con particolare attenzione al così detto “generico”, che rappresenta una fetta molto importante della spesa sanitaria. Il mondo del farmaco ha proprie dinamiche molto veloci: grandi investimenti, sempre più prodotti fuori brevetto e di conseguenza sempre più fornitori in concorrenza ed ancora prodotti nuovi e prodotti di origine biologica. Chi pensa, dunque, che il farmaco sia un articolo “semplice” da acquistare si sbaglia di grosso. Anche la normativa, stretta tra libertà di prescrizione, controllo della spesa e parità di accesso al mercato, spesso non sembra adeguata alla complessità del problema.
Dal dibattito comunque sono emersi dubbi sugli strumenti adottati per l’acquisto: in primis il livello (nazionale, regionale, consortile) entro cui il sistema dinamico di acquisizione dovrebbe essere attivato; poi l’efficacia e l’utilizzo dell’accordo quadro sui biosimilari; la validità dei prezzi di riferimento fino a toccare le diverse problematiche legate all’approvvigionamento.
Per affrontare tutto ciò sarebbe riduttivo guardare alla sola esperienza italiana e qui, necessariamente, il confronto si è fatto europeo, avvalendosi dell’esperienza della società di consulenza internazionale Kpmg che su incarico di Assogenerici e della relativa Associazione europea, ha portato avanti uno studio negli otto Paesi di maggior impatto comunitario che operano su questo mercato. Daniela Poli (Manager, Healthcare, Kpmg Advisory SpA) e Luc Starmans (Manager Kpmg Health), hanno presentato il lavoro “Improving healthcare delivery in hospitals by optimized utilization of medicines”. La ricerca è stata portata avanti evidenziando modelli di finanziamento, livelli di performance e meccanismi per l’approvvigionamento dei medicinali in ambito ospedaliero in: Francia, Germania, Italia, Spagna, Regno Unito, Belgio, Polonia e Portogallo.
L’ingresso dei nuovi biosimilari e dei nuovi generici sul mercato in Italia ha aperto una sfida per chi compra: la tempestività. La genericazione di alcuni farmaci oncologici, che sicuramente porterà notevoli risparmi al Servizio sanitario nazionale, richiede appunto tempestività nell’acquisto. Le molecole dei biosimilari escono repentinamente e per ottenere un buon risultato, in termini di prezzo, è richiesta la capacità di sapersi posizionare, nel più breve tempo possibile, sul mercato. Per aggiudicarsi il prezzo più basso il fattore tempo è determinante, così come la tipologia del farmaco che viene poi prescritto. Attualmente per chi fa acquisti, e in particolare per le Centrali d’acquisto, l’acquisizione di questi farmaci, al prezzo migliore, è la sfida più grande. Mentre le aziende devono concentrarsi sulle prescrizione per ottimizzare la spesa farmaceutica: è necessario infatti, che i medici siano più attenti a prescrivere i biosimilari piuttosto che gli originator, perché il prezzo con cui viene aggiudicato un farmaco, e quindi il risparmio ottenuto, svanisce nel momento che nessuno lo compra se rimane la consuetudine a prescrivere sempre il farmaco originator.
Interessante è però la sinergia che si sta sviluppando tra le Centrali d’acquisto delle Regioni proprio per il procacciamento di questi farmaci, sta nascendo infatti un nuovo “legame” che non produce concorrenza ma un supporto che rende l’acquisto di questi prodotti favorevole in termini di risparmio reale. Un caso significativo può essere quello dell’aggiudicazione dei farmaci Trastuzumab e l’Adalimubab, ambedue oncologici, che in nel processo di posizionamento tempestivo sul mercato ha visto nascere operazioni sinergiche tra le Centrali d’acquisto di diverse Regioni.
Comunicato pubblicato su Sanità24