E riecco i “furbetti del cartellino”. Non si tratta delle scene eclatanti che con non poca indignazione abbiamo visto scorrere sulle nostre tv mesi fa, ma la circostanza è -ahinoi- piuttosto ricorrente. Il fatto è semplicissimo: un dipendente di una pubblica amministrazione, che pure non aveva alterato i sistemi di rilevamento delle presenze, è incorso nell’accusa di aver ingannato il datore in merito all’orario di servizio, peraltro in vigenza della normativa precedente alla cd. “riforma Madia” 116/2016. E così la Cassazione, con sentenza 25750 dello scorso 14 dicembre. Prima della succitata riforma, va detto, vigeva per i casi in questione l’art. 55 quater, che comunque non era “morbido” con casi come questo. Anche se, come detto, il dipendente non aveva manomesso o alterato il sistema per il rilevamento delle presenze e dell’orario, comunque si era allontanato senza previa autorizzazione dal posto di lavoro omettendo di effettuare le timbrature intermedie, e in tal modo attestando le proprie presenze in modo non veritiero. Ora,
«Ai sensi dell’art. 55-quater d.lgs. n. 165/2001 la registrazione effettuata attraverso l’utilizzo del sistema di rilevazione della presenza sul luogo di lavoro è corretta e non falsa solo se nell’intervallo compreso tra le timbrature in entrata ed in uscita il lavoratore è effettivamente presente in ufficio, mentre è falsa e fraudolentemente attestata nei casi in cui miri a far emergere, in contrasto con il vero, che il lavoratore è presente in ufficio dal momento della timbratura in entrata a quello della timbratura in uscita. La fattispecie disciplinare di cui all’art. 55-quater, comma1, lett. a), d.lgs. n. 165/2001 si realizza non solo nel caso di alterazione/manomissione del sistema, ma in tutti i casi in cui la timbratura, o altro sistema di registrazione della presenza in ufficio, miri a far risultare falsamente che il lavoratore è rimasto in ufficio durante l’intervallo temporale compreso tra le timbrature/registrazioni in entrata ed in uscita. Se è vero, dunque, che la cosiddetta “riforma Madia” ha impresso un pesante “giro di vite”, è altrettanto vero che già prima la normativa prevedeva il licenziamento in casi di alterazione dell’attestazione dell’orario di servizio.