Uno degli obiettivi strategici cui mira il PNRR è l’inclusione sociale che contempla, tra le priorità di maggior peso e con una valenza socio-economica particolare, la parità di genere. Nel 2020 le donne che hanno perso il lavoro sono state circa il doppio rispetto agli uomini e nel 2021 il rapporto tra il tasso di occupazione femminile e maschile ha registrato una differenza pari al 17% (uomini 67,1%; donne 49,4%), con una percentuale di donne occupate inferiore alla media europea (63,4%) registrata nel 2021. Altri aspetti di criticità si registrano rispetto a fenomeni ancora ben radicati, come il “gender pay gap”, vale a dire la differenza di genere nella retribuzione, nonché la c.d. “segregazione occupazionale” (orizzontale e verticale) per effetto della quale le donne accedono ad una tipologia di occupazioni più ristretta rispetto agli uomini e ai livelli di responsabilità più bassi. (S. Negri, F. Valente, Mercato del lavoro e squilibri di genere: un primo approfondimento, in Bollettino ADAPT n. 25/2022).
La circostanza che il mercato del lavoro e la partecipazione ai processi decisionali siano ancora caratterizzati da significative differenze di genere, trova ulteriore conferma in un’altra ricerca, pubblicata nel marzo 2022 da EY e SWG SPA (Parità di genere & Leadership al femminile. Un’analisi della situazione italiana), da cui è emerso, attraverso il campione degli intervistati (514 donne e 103 uomini), che solo per un dirigente su tre ( 2 su 5, tra gli uomini) la propria azienda ha un piano per la parità di genere: tale circostanza lascia piuttosto perplessi atteso che (sulla scorta dell’ambito di intervento Investimento 1.3: Sistema di certificazione della parità di genere, previsto dalla componente M5C1: Politiche per il lavoro – Missione 5: Inclusione e Coesione) la L.162 del 5/11/2021, introducendo l’Art. 46-bis al Codice delle pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo (Dlgs.198/2006), ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2022, la certificazione della parità di genere (al fine di attestare le politiche e le misure concrete adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità) e ha legato al possesso di tale certificazione l’esonero, per le aziende private, dal versamento dei contributi previdenziali in misura pari ad un massimo di €.50.000 annui.
Ma non è tutto: alle aziende private, che alla data del 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riferimento siano in possesso della certificazione della parità di genere, è riconosciuto un punteggio premiale per la valutazione, da parte di autorità titolari di fondi europei nazionali e regionali, di proposte progettuali ai fini della concessione di aiuti di Stato a cofinanziamento degli investimenti sostenuti; inoltre, compatibilmente con il diritto dell’Unione europea e con i principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità, le amministrazioni aggiudicatrici indicano nei bandi di gara i criteri premiali che intendono applicare alla valutazione dell’offerta in relazione al possesso da parte delle aziende private, alla data del 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riferimento, della certificazione della parità di genere.
Da tale ultimo assunto, emerge chiaramente come il legislatore, in ossequio alla destinazione delle risorse del PNNR, abbia inteso prestare una particolare attenzione al perseguimento della parità di genere utilizzando anche un settore particolarmente strategico per il Paese, quale quello del procurement delle pubbliche amministrazioni: l’esempio immediato è costituito dal D.L. 77/2021, coordinato con la legge di conversione 29 luglio2021, n. 108, recante: “Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure”.
L’art.47, co.4, del citato D.L. dispone, infatti, che “Le stazioni appaltanti prevedono, nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, specifiche clausole dirette all’inserimento, come requisiti necessari e come ulteriori requisiti premiali dell’offerta, di criteri orientati a promuovere l’imprenditoria giovanile, l’inclusione lavorativa delle persone disabili, la parità di genere e l’assunzione di giovani, con età inferiore a trentasei anni, e donne….”. Il comma 4, poi, prosegue disponendo che costituisce requisito necessario dell’offerta l’assunzione dell’obbligo di assicurare, in caso di aggiudicazione del contratto una quota pari almeno al 30%, delle assunzioni necessarie per l’esecuzione del contratto per la realizzazione di attività ad esso connesse o strumentali, sia all’occupazione giovanile sia all’occupazione femminile.
Il comma 5 dispone, altresì, che ulteriori misure premiali possono prevedere l’assegnazione di un punteggio aggiuntivo all’offerente o al candidato che si impegni, tra l’altro, ad assumere donne, oltre alla soglia minima percentuale prevista come requisito di partecipazione, per l’esecuzione del contratto o per la realizzazione di attività ad esso connesse o strumentali.
Non è superfluo sottolineare che la norma prevede anche meccanismi sanzionatori: infatti, il mancato rispetto degli obblighi previsti dalla stessa comporta l’applicazione di penali (commisurate alla gravità della violazione e proporzionali all’importo del contratto) mentre, soltanto in casi specifici e tassativi, l’aliquota del 30% può essere esclusa o può essere stabilita una quota inferiore.
Il comma 8 dell’art.47 ha previsto, infine, l’elaborazione di linee guida per la definizione delle modalità e dei criteri applicativi delle misure previste dall’art.47, con indicazione delle misure premiali e la predisposizione di modelli di clausole da inserire nei bandi di gara differenziati per settore, tipologia e natura del contratto o del progetto: dette linee guida sono state predisposte con D.M. 7 dicembre 2021, emanato a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari Opportunità.
In esecuzione di quanto previsto dall’art.4 della L.162/2021, nel mese di marzo 2022 è stata pubblicata, quindi, la Prassi di Riferimento (PdR) UNI 125:2022 sulla Parità di Genere, che identifica i requisiti per la certificazione di parità di genere richiamata dal PNRR e dal medesimo art.4.
Quanto alle prassi di riferimento, è bene precisare, preliminarmente, che trattasi di documenti UNI (Ente Nazionale di Unificazione, organismo italiano di normazione) che “introducono prescrizioni tecniche o modelli applicativi settoriali di norme tecniche, quando non ci sono norme né progetti di norma nazionali, europei o internazionali. Sono elaborate sulla base di un rapido processo di condivisione tra i soli autori, non più di 9 mesi, in appositi Tavoli e sotto la conduzione operativa di UNI: dopo due anni dalla pubblicazione, si valuta se far evolvere la prassi di riferimento in un documento normativo; dopo cinque anni o sono trasformate in norma
UNI o sono ritirate” (www.uni.com).
di Raffaele Petrosino – Presidente ACEP
Tratto da Teme 11-12/2022